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L’ISOLA che non c’è più

Il ministro dell’istruzione Francesco Profumo con il presidente della fondazione Cassa di risparmio di Cuneo Ezio Falco

ISTRUZIONE L’epoca della grammatica essenziale sembra arrivata. Perché il fallimento del sistema economico e sociale è oggettivo: bisogna pensare a strategie. In questo senso si è espresso il presidente della fondazione Cassa di risparmio di Cuneo Ezio Falco presso i locali della libreria universitaria di corso Kennedy a Cuneo. Seduto accanto a Falco c’era il ministro dell’istruzione Francesco Profumo (vedi intervista a lato). «L’isola felice cuneese non esiste più», ha detto Falco. «Qualcuno sostiene che la Regione sia tecnicamente fallita. Stiamo per subire un effetto domino tremendo. A breve le cooperative cominceranno a licenziare e i consorzi non garantiranno più i servizi. Un vero disastro sociale». E poi, rivolto al Ministro: «Non c’è più tempo da perdere».

La fondazione Crc ha annunciato lo stanziamento destinato al settore educazione per il 2013: circa 4,3 milioni di euro, contro i 4,5 del 2012. Gli standard quantitativi degli scorsi anni sono stati mantenuti. E il Ministro ha apprezzato. Profumo poi ha preso la palla al balzo, addentrandosi in una dissertazione economico-finanziaria sulle ragioni alla base della recessione. Una teoria contro i problemi pratici: tanto che, a metà convegno, è deflagrata l’esasperazione dei docenti presenti in sala. Una di loro si è alzata e ha gridato: «Non ne possiamo più di queste lezioncine. Siamo obbligate a fare straordinario non retribuito, a rinunciare al futuro, e lei ci parla di spread». Profumo l’ha lasciata sfogare e uscire dall’aula. Poi il Ministro ha ripreso a parlare dall’esatto punto in cui era stato interrotto.

Alla fine dell’incontro il consigliere albese del Partito democratico Gigi Garassino ha chiesto che il Governo faccia qualcosa per allentare la morsa del Patto di stabilità, che congela le possibilità di investimento degli enti virtuosi. «Il Patto non dipende da noi, ma dall’Europa», lo ha tacitato il Ministro. Ma il clima emotivo è in evidente subbuglio, le richieste esplicite verso la classe politica sostituiscono la compiacenza o la diplomazia. Qualcosa sembra iniziare a muoversi davvero.

Matteo Viberti

Il ministro dell’istruzione Francesco Profumo con il presidente della fondazione
Cassa di risparmio di Cuneo Ezio Falco

Il ministro Profumo: «La collaborazione collettiva permetterà una trasformazione, che darà esiti solo a lungo termine»

Incontriamo il ministro dell’istruzione Francesco Profumo, dopo il convegno cuneese del primo dicembre (vedi articolo a lato).

I docenti di molte scuole primarie e secondarie (anche albesi) preparano l’insurrezione per contestare i tagli. Cosa dovrebbe fare chi, dal basso, subisce le decisioni del Governo, Ministro?

«Vorrei ringraziare tutti gli insegnanti per l’impegno, la dedizione e l’ostinazione con cui fronteggiano una simile criticità. La comunità scolastica è un universo preziosissimo, da cui possono scaturire grandi cambiamenti. Vorrei dire ai docenti che è necessaria una collaborazione collettiva per avviare un processo di trasformazione, i cui risultati si vedranno a lungo termine».

La principale obiezione mossa al Governo riguarda la destinazione di risorse a settori “superflui”, come quello militare.

«Prendiamo la costruzione o l’acquisto di un caccia. Si tratta di un’operazione complessa, che coinvolge accordi internazionali, molteplici attori e costruttori diversi. Insomma, non sarebbe possibile disdire l’acquisto. Dobbiamo saper distinguere l’emotività dalle questioni pratiche».

L’Università cuneese vede ridotta la propria disponibilità. Quale il futuro degli atenei decentrati?

«Credo non si possa pensare a un sistema universitario parcellizzato. Servono accentramenti come quello torinese, pur continuando a mantenere i contatti con il territorio. Anzi, credo che il futuro potrebbe vedere consolidarsi i legami con Università come Cuneo. Parlando poi della scuola in genere, punteremo sulla costituzione di un fondo capace di agevolare l’edificazione di nuove strutture, rinforzeremo la manutenzione e la modernizzazione».

m.v.

Università a rischio chiusura

ISTRUZIONE  Se la provincia di Cuneo – come rivela un’indagine pubblicata sulle pagine del Sole 24 ore – è una delle migliori d’Italia, lo si deve anche all’attenzione che riserva all’istruzione. Oltre alla rete capillare di scuole primarie e secondarie, nella Granda sono presenti 10 corsi di laurea facenti capo all’Università di Torino, che interessano ogni anno circa 2 mila e 500 studenti. A regolare questa struttura didattica è una convenzione, siglata dall’Università torinese, dalla Provincia di Cuneo e dalle tre città che ospitano i corsi: Alba (con Ampelion), Cuneo e Savigliano. L’accordo, rinnovato nel 2011, scadrà nel 2025, ma rischia di saltare o, comunque, di non essere rispettato, con pesanti conseguenze per i corsi universitari. Lo ha riferito il sindaco di Alba Maurizio Marello, al quale abbiamo posto alcune domande in merito.

Perché c’è preoccupazione sul futuro delle sedi universitarie distaccate?

«Il funzionamento dei corsi cuneesi prevede una spesa piuttosto rilevante. I costi per i docenti (circa un milione e 600 mila euro annui) vengono ripartiti in maniera eguale tra Università, Provincia e Comuni, mentre le spese di gestione (550 mila euro) sono a carico di Provincia e Comuni. L’apprensione nasce dal fatto che la Provincia ha annunciato di non essere in grado, per via dei tagli subiti, di sostenere per intero le spese a suo carico, stimabili in circa 790 mila euro l’anno».

Quando avete appreso la notizia?

«In un recente incontro, anche se, a dire il vero, le prime avvisaglie erano giunte un anno fa, quando cioè la Provincia aveva deciso di non sostenere il patto locale, stipulato a fianco della convenzione. Il patto, finalizzato a costituire un corpo docente fortemente legato al territorio nel quale opera, intende, nel giro di 10 anni, portare all’assunzione di 30 ricercatori (19 dei quali sono già stati assunti, nda), 12 professori associati e 9 ordinari. L’investimento per i ricercatori, ammontante a 15 milioni di euro, viene finanziato dai Comunidi Alba (con uncontributo di 15 mila euro l’anno, nda), Cuneo e Savigliano, dalla Camera di c o m m e r c i o , dall’Associazione per gli insediamenti universitari in provincia di Cuneo e, soprattutto, dalle fondazioni delle Casse di risparmio di Cuneo e di Savigliano, che coprono la fetta più grande dei costi. La mancata adesione della Provincia ci era parsa quasi come un primo passo verso un’uscita di scena definitiva, che potrebbe attuarsi nei prossimi mesi con il mancato rispetto della convenzione».

Quali spiegazioni ha fornito la Provincia?

«L’ente presieduto da Gianna Gancia sostiene di poter spendere soltanto un terzo della somma a suo carico, quindi circa 250 mila euro. Per l’anno accademico in corso resterebbe quindi uno “scoperto” di oltre 500 mila euro, che la Provincia vorrebbe accollare ai tre Comuni interessati ed eventualmente all’Università».

Crede che, al di là dei tagli imposti dal Governo, la Provincia potrebbe in qualche modo reperire le risorse necessarie?

«Non sono in grado di rispondere. Sono consapevole del fatto che gli enti locali, Provincia compresa, hanno subito pesanti decurtazioni, ma sono allo stesso tempo convinto del fatto che l’istruzione e la ricerca siano dei diritti fondamentali da salvaguardare a ogni costo».

Che cosa accadrà se effettivamente la Provincia non verserà quanto previsto?

«Il rischio è quello di compromettere i corsi universitari attivi in provincia, che da questa vicenda p o t r e b b e r o uscirne impoveriti. Inoltre, si affaccerebbe la bruttissima ipotesi di gettare alle ortiche i circa 40 milioni di euro utilizzati negli anni dai Comuni e dall’Università per potenziare le strutture che ospitano i corsi».

Alba, Cuneo e Savigliano come possono intervenire?

«Le tre città non sono in grado di accollarsi le spese che la convenzione pone a carico della Provincia (il capoluogo delle Langhe, ogni anno, paga circa 110 mila euro). Non si può neppure pensare di recuperare le sommeabbandonando il patto locale, in quanto questo progetto ha un obiettivo per la crescita culturale ed economica dell’area cuneese e, poi, perché difficilmente le fondazioni bancarie sarebbero disposte a dirottare i finanziamenti sull’ordinaria amministrazione universitaria».

Enrico Fonte

Gianna Gancia: «La Provincia non può più permettersi gli atenei»

Del problema della carenza di risorse per le università cuneesi abbiamo parlato anche con la presidente della Provincia di Cuneo Gianna Gancia.

È vero, come ci ha riferito il Comune di Alba, che la Provincia di Cuneo non riuscirà a coprire più del 30% delle spese per il funzionamento delle sedi universitarie di Alba, Cuneo e Savigliano?

«Siamo dinanzi a una situazione difficile e a scelte non facili. Coscienziosamente, abbiamo ritenuto di affrontare la questione a viso aperto, parlandone con l’Università e con i Comuni che con noi hanno sostenuto la partita del decentramento universitario. In questo momento la chiarezza è elemento fondamentale».

Come mai la Provincia non ce la fa?

«Fino a ieri ci si poteva dividere sull’utilità di questo o di quel corso, piuttosto che dell’università sotto casa. Oggi, queste domande sono anacronistiche, dal momento in cui lo Stato ha ridotto di 27 milioni di euro i trasferimenti all’ente. Cosa dovremmo fare? Smettere di togliere la neve dalle strade? Oppure lasciare al freddo le scuole?».

Ad Alba qualcuno dice che già la mancata adesione della Provincia al patto locale introdotto per sostenere la ricerca universitaria fosse un segnale del fatto che il vostro ente avrebbe potuto abbandonare la convenzione. Che cosa ne pensa?

«Come le ho detto, rispetto le posizioni di ciascuno ma, in questo caso, non c’è nulla di più lontano dal vero. Semmai, già all’epoca cercavamo di guardare con lucidità alla situazione finanziaria generale, cosa che fino a poco tempo fa non valeva per tutti».

La Provincia ha scarso interesse per il mondo universitario?

«Se vogliamo strumentalizzare, possiamo farlo tutti, per carità. Il momento grave impone a tutti la massima attenzione, insieme a chiarezza e trasparenza».

Non vi è proprio alcuna possibilità di reperire i circa 800 mila euro a carico di Cuneo?

«No, a meno di volerli sottrarre ai compiti fondamentali dell’Ente e ai servizi ai cittadini. E a me hanno insegnato che il dovere viene prima di tutto».

Quali soluzioni alternative proponete?

«L’Università ha economie residue degli anni precedenti. C’è un tavolo di confronto aperto al quale tutti partecipano in modo costruttivo: confido che in quella sede s’individuino le migliori soluzioni possibili e compatibili con i tempi e le risorse a disposizione».

La sopravvivenza delle sedi universitarie distaccate della provincia di Cuneo è a rischio?

«Potrei risponderle che, per quello che è lo stato della finanza pubblica nazionale, a rischio c’è tutto. Ma lavoriamo con serietà per attenuare i contraccolpi e sono fiduciosa che, magari in forma ridotta, la Provincia continuerà a sostenere l’università».

 e.f.

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