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Un giovane uomo con le idee chiare ha rappresentato, per molti albesi, una speranza

Passate queste primarie, riconosciuta la vittoria di Pierluigi Bersani che sarà il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni, bisognerebbe fermarsi un attimo e ragionare, almeno localmente, su due numeri: la cifra di 1.200: cioè le persone che hanno riempito il Teatro sociale quando Matteo Renzi è venuto ad Alba e il numero  1.000 (o quasi), cioè i voti che Renzi ha preso nella nostra città. Si tratta certamente di numeri significativi, che dicono qualcosa in una città come la nostra, a vocazione internazionale e con una realtà economica importante e significativa.

Evidentemente un giovane uomo (non un “ragazzetto”), con le idee molto chiare, dotato di grande coraggio e intelligenza, con la schiena dritta e con lo sguardo al futuro, ha rappresentato, per molti albesi, una speranza, una nuova stagione della politica perfino una “nuova frontiera” di kennediana memoria. Qui Renzi è chiaramente apparso come il perfetto candidato democratico all’americana, che non allontana gli elettori non tradizionalmente di sinistra, anzi è capace di catalizzare consensi e allargare l’elettorato sulla base di progetti nuovi e credibili. Renzi è riuscito a parlare – in un momento difficile –  con intelligenza e competenza alla classe media di questo Paese, spaventata e impoverita dall’aumento della pressione fiscale e ancor più dall’incertezza sul domani e sul futuro dei propri figli.

Questa middle class è il tessuto sociale dell’Italia ed in essa si ritrovano – non più contrapposti – impiegati, professionisti, piccoli e medi imprenditori, insegnanti, artigiani e tanti altri che alcuni, ostinatamente, continuano a distinguere e dividere in categorie, mentre si tratta di un unico popolo che aspira alla crescita del Paese e ad una vita migliore. Questi cittadini hanno già superato la contrapposizione fra destra e sinistra perché hanno intuito che dietro essa si cela, da vent’anni, l’immobilismo che è causa dell’impoverimento economico e di idee, che impedisce il ricambio in politica e continua ad imporre inutili compromessi che uccidono idee, sentimenti, entusiasmo.

Chi ha votato Matteo Renzi e chi, domenica, avrebbe voluto votarlo, chiede chiaramente un cambiamento vero; per queste persone Renzi è  “diverso” perché ha saputo riportare passione, slancio e speranza. Renzi ha catalizzato l’attenzione, come nessuno prima di lui in politica, sul valore, anche economico, della bellezza dell’Italia, che non è solo un privilegio per noi che ci viviamo, ma una autentica fonte di ricchezza in un mondo globale che aspira a visitare i nostri monumenti, imitare l’arte e la cultura italiana, visitare i nostri paesaggi, comprare i nostri prodotti, sperimentare la nostra cucina, vivere le nostre tradizioni locali, copiare il nostro stile di vita.

Raccontando di Partito leggero e di Stato leggero, mettendo in discussione l’utilità dei troppi enti territoriali, parlando di capacità e merito, Renzi ha raccontato una pubblica amministrazione e una politica che può costare meno ed essere davvero utile. C’è, nella sua visione, finalmente, un’imprenditoria libera dalla burocrazia che la soffoca ma rispettosa delle regole necessarie ad un mercato che vuole funzionare; nelle sue parole vive una società nuova che vuole ingegnarsi per creare lavoro e non solo tutelare chi il lavoro ce l’ha.

Nella sua concretezza Matteo Renzi ha saputo attuare queste idee a livello locale e, come sindaco,  ha approvato un Piano regolatore assolutamente rispettoso dell’ambiente, ha bonificato i parchi pubblici abbandonati, ha ampliato l’isola pedonale, ha investito perfino nel palazzo comunale: la torre di Palazzo Vecchio è diventata una nuova meta turistica i cui proventi vanno alle casse comunali. Diciamo che, dove ha potuto, Renzi ha dato l’esempio e lo ha fatto anche dopo la sconfitta di domenica.

Rispondendo ai tanti “profeti di sventura” che – abituati alla vecchia politica – pronosticavano premi di consolazione, incarichi e intrallazzi, Renzi ha rivendicato con orgoglio: «abbiamo l’entusiasmo, il tempo e libertà», tornando ad occuparsi della sua Firenze. Mi piace pensare che starà lì sino a quando, non il Palazzo o i “poteri forti” ma i cittadini non gli chiederanno di rimettersi in gioco perché niente sarà più come prima, perché oggi più che mai ci serve la sua intelligenza e il suo coraggio.

Marta Giovannini,
Comitato Adessoalba

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