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Imprenditore stufo della burocrazia: Basta, vado in Kenya

Sempre più spesso, complice una crisi economica dilagante, si legge di giovani che abbandonano l’Italia per far fortuna all’estero. Una nuova ondata migratoria che sta assumendo confini assai vasti e che non riguarda più solo ricercatori e scienziati, ma che tocca tutti i settori della società. Oggi a partire sono anche i nostri vicini di casa, persone insospettate che stanche della situazione italiana inseguono i loro sogni. Tra i tanti c’è anche un volto noto ai braidesi che si sono avvicinati al mondo dei computer: si tratta di Emanuele Trabucco, 35 anni, che dopo aver gestito per 12 anni il negozio di informatica di via San Rocco ha deciso di cedere l’attività e di trasferirsi con la compagna Sara Gastaldi in Kenya, nella città di Malindi. A lui abbiamo chiesto le ragioni di questa “rivoluzione”.

Perché una scelta di vita così drastica, soprattutto per una persona come te che in Italia aveva un’attività ben avviata?

«Riconosco che su questa scelta ha molto influito il sogno che ho avuto fin da bambino di vivere in mezzo alla natura e agli animali. A pesare è poi la situazione sempre più difficile che si affronta per lavorare in Italia: la burocrazia ti strozza e poi i negozianti, che nel tempo hanno visto i loro guadagni erosi da un mare di nuove tasse, finiscono per sorbirsi tutti i “mal di pancia”. Il lavoro è diventato troppo stressante: per garantirti un stipendio che ti consenta un buon tenore di vita sei costretto a lavorare un numero di ore tale che alla fine la vita non te la puoi godere. Senza contare che ritengo che per la mia generazione una pensione decente rimarrà solo un sogno. Certamente in Kenya guadagnerò meno – anche se c’è da considerare che là la vita ha un costo molto inferiore – ma conto di vivere meglio».

Come mai la scelta di andare in Africa?

In passato non riuscivo a capire coloro che mi parlavano del “mal d’Africa”; poi, quando ci sono stato di persona, ne sono rimasto affascinato e da dieci anni ritorno sempre una o due volte all’anno».

Per quale ragione hai scelto il Kenya?

«Si tratta di un Paese in forte espansione, per molti versi paragonabile all’Italia del secolo scorso. È visitato da almeno un milione e mezzo di turisti all’anno e il Governo keniota ha adottato una politica attenta a incrementare il turismo. Ma in linea generale si può dire che là se hai voglia di fare ti aprono tutte le porte; da noi, invece, ti mettono i bastoni tra le ruote in ogni occasione».

Che cosa farete a Malindi?

 «Abbiamo reinvestito i soldi ottenuti vendendo il negozio e altri risparmi per acquistare una grande casa che adibiremo a bed and breakfast. Inizialmente sarà una piccola struttura con quattro camere, ma l’idea è di ingrandirci con il tempo. Ma questo è solo l’inizio: sia io che Sara vogliamo diventare guide turistiche professionistiche per i safari e stiamo già studiando per riuscirci».

Ti mancherà Bra?

«Al momento non me ne andrò via da Bra completamente, visto che qui ho una casa e vivono i miei genitori e mia sorella, anche se mi piacerebbe che mi seguissero in questa avventura. Nessun rimpianto però per l’Italia». Buona fortuna.

Roberto Buffa

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