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Meno burocrazia per favorire i giovani

INTERVISTA Itemi del futuro e dello sviluppo stanno coinvolgendo a fondo il settore vitivinicolo, incluso quello di Langa e Roero. Ne abbiamo parlato col ministro Mario Catania.

Partiamo dall’Unesco. Quali sono le sue previsioni?

«Sono ottimista perché stiamo presentando la candidatura di un territorio straordinario, conosciuto in tutto il mondo e amato proprio perché rappresenta le qualità migliori del nostro Paese. Non è un caso che sia la prima zona vinicola italiana candidata a entrare nella lista dei beni patrimonio dell’umanità. Ora il lavoro si farà più intenso perché dovremo iniziare a lavorare sui 190 Paesi dell’Unesco per convincerli della validità della proposta».

L’inserimento dei paesaggi viticoli nel patrimonio mondiale dell’umanità potrebbe portare una forte valorizzazione di queste zone, ma c’è chi teme una corsa al vigneto e l’esasperazione di un’agricoltura monocolturale a scapito dell’equilibrio ambientale. Vede questo pericolo e in che modo si può limitare?

«Non credo che il riconoscimento Unesco porterà a questo squilibrio, mentre sono convinto che gli effetti positivi potranno contribuire allo sviluppo di tutta l’economia della zona. Dal punto di vista viticolo, il territorio di Langhe, Roero e Monferrato ha raggiunto un suo equilibrio, anche per il sistema europeo dei diritti di impianto, che non agevola una crescita così semplice della superficie vitata a scapito delle altre colture. Dall’altro lato c’è un equilibrio di mercato da salvaguardare per evitare di deprimere le quotazioni dei vini e i prezzi».

Come finirà la questione dei nuovi impianti a livello di Unione europea? Prevarrà l’ipotesi, caldeggiata dai più importanti Paesi produttori, di mantenere l’attuale blocco, magari con una maggiore flessibilità, oppure passerà l’ipotesi più possibilista e ispirata alla liberalizzazione, mitigata da elementi di controllo e limitazione?

«Fin dall’inizio dell’incarico, su questo tema la mia posizione è stata chiara: non possiamo accettare la liberalizzazione dei vigneti in Europa, perché significherebbe minare alla base un comparto che negli ultimi anni ha trovato un suo equilibrio produttivo. Per questo mi sono impegnato a Bruxelles affinché il sistema possa proseguire e così l’ipotesi della completa liberalizzazione è stata abbandonata. Vedremo poi se proseguirà il modello così com’è oppure se verranno introdotti sistemi autorizzativi, ma sempre nell’ambito del controllo e della gestione del potenziale produttivo. Questa è una battaglia importante perché tocca un settore che negli ultimi decenni si è imposto come modello ».

Parliamo di giovani e del loro possibile inserimento nel mondo agricolo.

«Il problema del carico burocratico è uno dei temi sui quali stiamo intervenendo. Come Governo abbiamo inserito nella legge sulle semplificazioni alcune norme per le aziende agroalimentari. Il Ministero è al lavoro anche sulla razionalizzazione del numero di controlli a cui agricoltori e produttori sono assoggettati. In un contesto con minore peso della burocrazia, dobbiamo favorire il ricambio generazionale e aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro. I dati ci dicono che c’è un ritorno verso l’agricoltura. Molti ragazzi scelgono il settore primario portando un approccio nuovo, con un know-how molto diverso rispetto a 30-40 anni fa. Il nostro compito dovrà essere quello di supportarli, specialmente nella fase iniziale dell’attività, in particolare nell’accesso al credito. Col supporto di Ismea abbiamo messo a punto una serie di strumenti specifici per i giovani e per le start up. Tutto ciò non basta, è necessario che i giovani abbiano ulteriori incentivi sia a livello nazionale che attraverso i fondi comunitari».

Il proposito di moralizzare il sistema dei pagamenti a favore delle imprese agricole era ed è condivisibile. Ultimamente sentiamo lamentele di produttori i quali ci dicono che gli ordini si stanno assottigliando e che si è aggiunta altra burocrazia. Era necessario passare dalla deregulation totale a un sistema così rigido?

«L’articolo 62 della legge sulle liberalizzazioni è stato uno degli interventi più importanti del Governo sulla filiera agroalimentare, perché abbiamo introdotto l’obbligo di contratti scritti e la certezza dei termini di pagamento, prevedendo sanzioni per i comportamenti sleali. L’obiettivo della norma è dare trasparenza ed equità alla filiera, tutelando quei soggetti che sono stati sempre svantaggiati a causa degli squilibri di potere che esistevano. Abbiamo fatto un enorme passo in avanti e come in tutte le riforme i primi mesi servono per la messa a punto degli aspetti pratici. È possibile che alcuni produttori in questa prima fase stiano incontrando difficoltà, ma a regime si coglierà l’importanza di questo sistema. Per anni abbiamo raccolto le lamentele del mondo produttivo, che ha sempre denunciato una fortissima difficoltà nel ricevere i pagamenti in tempi certi. In alcuni casi i produttori si sono trasformati in vere e proprie banche di finanziamento per i clienti. Serviva quindi un intervento che mettesse ordine; da qui l’imposizione dei pagamenti a 30 giorni per le merci deperibili e 60 giorni per quelle non deperibili, portando così il nostro Paese in linea con gli altri Stati europei».

Veniamo allo spreco dei terreni agricoli. A settembre 2012, un suo disegno di legge cercava di mettere un freno a questo spreco, visto il decremento di terreni coltivati negli ultimi dieci anni. La conclusione precoce della legislatura ha fermato anche questa proposta.

«Il disegno di legge contro la cementificazione resta per me una questione prioritaria. Il fenomeno è troppo grave e va arginato con urgenza visto che negli ultimi quarant’anni, in Italia sono stati persi 5 milioni di ettari di terreni agricoli, pari a Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna messe insieme. Inoltre, i terreni sui quali si è costruito erano quelli più fertili e pianeggianti, ma anche nelle zone meno aggredite dal cemento assistiamo a un crescere insostenibile dei ritmi di cementificazione. Ogni giorno 100 ettari di suolo vengono impermeabilizzati, causando un danno irreversibile con effetti negativi per la produzione agricola e i dissesti idrogeologici. È necessario porre un freno a questa situazione, intervenendo anche sull’utilizzo degli oneri di urbanizzazione che hanno inciso nell’esplosione di questo problema in Italia negli ultimi anni».

Giancarlo Montaldo

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