Sorpresa da Mirafiore. Appare Gianna Nannini e Noseda incanta

MUSICA Doppio ospite a Fontanafredda per parlare di «ascolto e stupore». Gianna Nannini, in visita privata nelle Langhe, ha sorpreso gli spettatori alla fondazione E. di Mirafiore: «La voce è la partenza della musica; è la manifestazione dell’essere », ha detto sabato scorso, durante un intervento fuori programma; poi, dopo l’interpretazione al pianoforte di Meravigliosa creatura e prima di salutare, la rock star toscana ha introdotto l’invitato previsto: Gianandrea Noseda, il direttore musicale del Regio di Torino e del Festival di Stresa, che ha tenuto una lezione interattiva e anticonvenzionale. Ha parlato di linguaggio e ha proposto l’ascolto della Sacre du printemps di Stravinskij.

Esiste differenza tra i verbi sentire e ascoltare?

«Annusare e guardare sono parole che hanno un significato distinto dai verbi respirare e vedere. Le seconde sono azioni automatiche, non richiedono sforzo; viceversa le prime presuppongono una presa di coscienza. Sono la curiosità e la pazienza che indirizzano le persone ad ascoltare; ma nel nostro tempo si è abituati a ricevere messaggi brevi e d’effetto; arrivare all’apprezzamento di una sinfonia richiede atteggiamenti controtendenza, come l’esercizio e l’impegno».

Come bisogna comportarsi per ascoltare musica?

«Bisogna creare spazio, occorre fare in modo che il contenuto della canzone entri nel profondo. Occorre impoverirsi, accogliere, aprire, liberare, nonostante sia complicato creare spazio nel nostro tempo. Si tratterebbe di riconquistare i secondi persi. L’ascolto sottintende volontà, è quindi una scelta indipendente. Spesso l’essere umano ascolta per codificare lingue sconosciute, espressioni gergali giovanili o discorsi nozionistici. Lo sforzo interpretativo che si compie in questi casi, è la stessa scelta libera avviene sia per l’ascolto della musica, che è arte comunicante».

Che legame ha con la Sacre du printemps di Starvinskij?

«Da bambino la ascoltai grazie a mio padre, che fu direttore di un coro di montagna: non acquistava musica di secondo ordine. Dopo due minuti di esecuzione dovetti fermare il giradischi. Era una musica caratterizzata da variazioni, non ne comprendevo i contrasti. Quando trovai il coraggio di ascoltarla mi stupii e mi chiesi da dove provenisse. Scoprii un’opera all’avanguardia, che crea sconquasso; quando fu rappresentata per la prima volta, il pubblico rimase stupito: Debussy uscì dal teatro perché incredulo: non riconobbe il suono del fagotto, tant’era innovativo; il pubblico interpretò male la sortita e bocciò l’opera. La Sacre è paragonabile al monolite di 2001 Odissea nello spazio: tutti si chiedono che cosa porterà, cosa muterà. Nulla cambia, nessuna sicurezza in più, ma rimane qualcosa di unico».

mar.vi.

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