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CASA, sogno rinviato

Filippo è un impiegato di 52 anni, marito e padre di tre figli di 17, 22 e 25 anni. Lo incontriamo nel suo appartamento albese, vicino al centro. Triste la voce, emblematica la storia: «Fin da piccolo mamma e papà mi hanno trasmesso la cultura della casa. Perciò io e mia moglie abbiamo comprato, con anni di risparmi, questo alloggio ». Ma i bambini crescono, 70 metri quadri diventano stretti, servono cambiamenti.

«Abbiamo sempre sognato una casa in campagna, un cane in giardino, gli odori della collina», prosegue Filippo. «Negli ultimi anni i prezzi si sono abbassati: circa 180200 mila euro per una cascina da ristrutturare, 300 mila per un immobile nuovo. Così, nel 2008, abbiamo deciso di rischiare, di vendere l’appartamento ad Alba, spostarci sulle colline circostanti».

La famiglia sbriga alcune pratiche, mette in vendita l’alloggio tramite agenzia immobiliare. Poi arriva anche in Langa la crisi, l’iscrizione dei figli all’Università, diecimila euro di dentista da pagare. «Abbiamo cominciato a rinviare il nostro sogno», confessa Filippo. «Se vendessimo l’appartamento ora intascheremmo 130 mila euro. Troppo poco. Per una casa in campagna dovremmo accendere un mutuo da 6070 mila euro. Mia moglie lavora, io pure: abbiamo sufficienti garanzie da offrire alle banche. Ma con tre figli che studiano, l’incertezza che si respira e un governo inesistente, non ce la sentiamo di rischiare. Rimandiamo il giardino in collina a un futuro indeterminato». Filippo ora controlla la sua casella di posta elettronica: le mail delle agenzie immobiliari appaiono in grassetto. Vuol dire che non sono state lette, ma nemmeno cancellate.

Filippo se ne accorge: «Una parte di me continua a sperarci, nel cagnolino che mi salta addosso mentre torno dal lavoro e le api che mi si posano sul davanzale».

Le storie servono a spiegare il contesto. Ci ha spiegato Giovanni Griotti, consulente di Tecnocasa per l’area cuneese: «Ad Alba i prezzi negli ultimi due anni hanno subìto una contrazione compresa tra il 5 e il 10 per cento. Se primac’erano 200 acquirenti per 100 immobili disponibili, ora è il contrario: l’offerta abitativa è in crescita esponenziale. Il momento giusto per comprare, lanciarsi, investire. Eppure gli acquirenti sono frenati dalla paura: il contesto economico è imprevedibile».

Pure nella Granda, area storicamente resistente alla crisi, chi non ha stabilità lavorativa non riesce ad accedere ai prestiti. Gli enti di finanziamento si muovono con estrema cautela, chiedono garanzie di pagamento solidissime. Insomma: disoccupati, giovani e precari piangono lacrime amare. Costretti a rinunciare al sogno dell’abitazione, devono ricorrere all’affitto o richiedere regimi di edilizia sovvenzionata. Maanche la situazione dell’Agenzia territoriale per la casa (Atc) appare drammatica. Ci ha detto l’albese Paolo Spolaore, vicepresidente Atc: «La pressione fiscale è diventata insostenibile e rischia di uccidere il sistema dell’edilizia pubblica».

Matteo Viberti

Quando l’abitazione diventa rifugio

Non tutti possono accendere un mutuo. Chi può, sembra spinto da un unico obiettivo: rinforzare il proprio spazio di vita domestica, il luogo al riparo dal resto del mondo. Questo quello che abbiamo scoperto indagando il mercato edilizio locale, partendo dall’indagine pubblicata nei giorni scorsi da Supermoney, portale per il confronto di prestiti on line. Secondo l’Osservatorio, in Italia la maggioranza delle persone richiede un mutuo per ristrutturare. Per intervenire sulla propria casa, come a proteggerla dal vento recessionale. Nel dettaglio, il 29 per cento delle domande di mutuo arrivate al portale negli ultimi tre mesi aveva come finalità “questioni abitative” (in Piemonte la percentuale si attesta sul 24 per cento): l’11 per cento ha comprato mobili, il 18 ha rimodernato.

Solo al secondo posto nella classifica dei mutui richiesti troviamo i prestiti per liquidità (il 28 per cento). Al terzo figurano i prestiti auto, che incidono per il 21 per cento. «Se ottenere un mutuo in questo periodo è molto difficile, a causa della stretta creditizia e dei tassi di interesse elevati, molti italiani non vogliono comunque rinunciare a investire sulla propria casa, magari con forme di finanziamento menoonerose », commenta Andrea Manfredi, amministratore delegato di Supermoney. Continua Manfredi: «Per chiedere un finanziamento è necessaria una posizione lavorativa solida e garanzie. Ecco perché le richieste si concentrano sulla fascia d’età dei quarantenni, mentre i preventivi da parte di utenti più giovani sono ridotti». Acquistare un immobile diventa proibitivo: secondo i dati Tecnocasa, nel terzo trimestre del 2012 le famiglie italiane hanno ricevuto finanziamenti per l’acquisto dell’abitazione per 5 milioni di euro, con una contrazione rispetto allo stesso trimestre del 2011 del 48 per cento (in Piemonte del 43 per cento).

m.v.

Magli albesi non rinunciano alla carne

 Siamo quello che mangiamo, l’alimento diventa specchio di un mondo in subbuglio. Secondo Coldiretti, il consumo di carne a livello nazionale nel 2012 è diminuito del 7 per cento. L’Associazione panificatori di Cuneo dal canto suo ha denunciato nei giorni scorsi un calo del 15 per cento degli acquisti di pane nell’ultimo anno e mezzo. Il consumo lascia trapelare la paura delle famiglie, che per arrivare a fine mese risparmiano sui beni di prima necessità, passando a pesanti restrizioni sulla dieta. Ad Alba, tuttavia, secondo un’indagine effettuata dall’Associazione commercianti dell’11marzo il consumo di carne non ha registrato contrazioni. «Abbiamo contattato un campione di macellai, che hanno descritto una relativa “immunità” del settore. Al massimo, è stato registrato un leggero incremento degli acquisti di carne bianca», ha spiegato il direttore dell’Aca Giuliano Viglione. Nel comparto ortofrutticolo le cose paiono oscillare un po’. «Registriamo un lieve calo dei consumi di frutta e verdura, tra l’1 e il 2 per cento», prosegue Viglione. «Il dato non è preoccupante». Per verificare se tra gli ambulanti regna tranquillità, siamo stati al mercato del sabato.

Spiega una venditrice: «Negli ultimi due anni gli acquisti hanno subìto una contrazione che può arrivare al 10 per cento. Alcuni clienti, che acquistavano quattro o cinque varietà di prodotti, si accontentano di due. Temiamo che le cose possano andare di male in peggio, stando ai dati che ci arrivano da Torino». Intervistiamo altri quattro ambulanti. Una osserva: «I supermercati costano di più, ma l’orario di apertura rende più facile l’accesso: noi ci siamo una volta a settimana». Il mercato albese – una cartina tornasole della vitalità economico-commerciale – resta peraltro vitale. Il numero di bancarelle è invariato rispetto al passato, gli acquirenti si dicono soddisfatti.

Spiega un acquirente: «A cinquant’anni vivo solo, non ho moglie o figli. Dedico alla spesa circa 250 euro al mese. Ogni sabato mattina vengo qui, al mercato. È il solo luogo in cui la qualità sia adeguata ai prezzi. Il supermercato è antietico. Perme è un dovere comprare alimenti a filiera corta». Una donna racconta: «Mi fido più dei contadini o delle bancarelle che degli scaffali, più dei prodotti naturali che delle grandi etichette. Ho un figlio di tre e uno di cinque anni. Anche se la situazione economica è difficile, non risparmio sul cibo. Ogni sabato mattina scelgo il mercato». Riscontriamo la tendenza “salutista” nell’intero campione (dieci persone) con cui parliamo. Al mercato si respira aria di cambiamento, anche se a livello albese è presto per definire i connotati della mutazione. Torneremo in piazza nei prossimi mesi.

m.v.

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