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Treni nucleari segreti tra le case dei piemontesi

Nella notte tra domenica 10 e lunedì 11 marzo attraverserà cinque provincie piemontesi (anche se il rischio radiologico in caso di imprevisti riguarderebbe l’intero Piemonte) il quinto pericoloso carico di materiale radioattivo destinato al riprocessamento in Normandia. Come sempre le informazioni si possono trovare solo su blog e siti indipendenti o sui social network e la strategia dell’omertà istituzionale, ufficialmente dettata da timori di attentati, ha continuato la sua annosa efficacia.
In sintesi: il nuovo passaggio del contenitore, su gomma da Saluggia a Vercelli e su ferro da Vercelli alla Valle di Susa, passando per Alessandria, Asti e Torino, per poi espatriare a Bardonecchia, richiama la grave problematica della mancata informazione preventiva alle popolazioni che nei territori interessati vivono e lavorano; costo totale dei passaggi 250 milioni di euro a carico dell’Italia.
L’Europa ci impose trasparenza verso i cittadini con le Direttive Euratom del 1989, spirito che il Consiglio Regionale del Piemonte recepì nella legge 5 del 2010; nel frattempo il Dpcm 44 del 2006 varato da Silvio Berlusconi, tralasciò ogni indicazione sull’informazione preventiva, e in seguito le delibere regionali della Giunta Cota che trattano il trasporto di materiale irraggiato, prima tra tutte la 25-1404 del 19 gennaio 2011, fecero lo stesso. È tuttora giacente un ricorso al Tar del Lazio, di cui sono uno dei sottoscrittori, che chiede proprio la loro impugnativa.
I problemi, nonostante l’ineccepibile niet degli italiani sul ritorno al nucleare, rimangono preoccupanti a tanti livelli: primo tra tutti l’inadempienza dei governi nazionali succedutisi, nell’individuazione del deposito nazionale per le scorie risultanti dall’ex filiera elettronucleare italiana, poi l’illegittimità degli atti nazionali e regionali menzionati, che fungono da alibi affinché non ci sia un’informazione preventiva alla popolazione, per non parlare della disinvolta cessione ai francesi del plutonio residuo nel materiale trasferito, che sarà utilizzato a scopo militare!
A ciò aggiungo una problematica tutta piemontese: il deposito temporaneo di oltre il 90% delle scorie solide e liquide presenti in Italia, presso Saluggia, provincia di Vercelli, in una struttura sulle sponde del fiume Dora.
Ciliegina sulla torta: dopo aver subito il riprocessamento, le sostanze verranno rispedite nel nostro paese, entro il 2025, ancora irraggianti e potenzialmente pericolose, per una presumibile odissea alla volta di un deposito che prevedo a quell’epoca ancora non identificato.
Bocche cucite per paura di attentati, si diceva: non è forse un attentato ai propri cittadini affrontare in modo così superficialmente autoritario una problematica così estesa e impattante in termini spaziali e temporali?


Fabrizio Biolé – Consigliere Regionale,
Gruppo Misto Progetto Partecipato

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