Nella vita ci vuole CUORE

In occasione della Giornata nazionale della donazione e del trapianto di organi e tessuti del 26maggio partirà la campagna di promozione promossa dal centro servizi per il volontariato Società solidale in collaborazione con l’Associazione italiana trapiantati di fegato, l’Associazione italiana donatori organi, l’Associazione donatori midollo osseo, l’Associazione nazionale dializzati e trapiantati e l’Associazione italiana donatori della cornea. Sono infatti circa 9 mila i pazienti in lista d’attesa in Italia, un dato dramamtico, che deve far riflettere. La campagna promozionale vuole essere una chiamata all’azione, perché senza donazione non può esistere il trapianto che consente di regalare la vita al prossimo. Spiega Elvio Marchetto, albese, presidente dell’Aitf provinciale e trapiantato di fegato da 20 anni: «Sono il trapiantato di fegato numero 37 in Italia. Potete quindi immaginare quanto poco fosse diffusa la pratica del trapianto. Quella persona ha fatto un dono di inestimabile valore senza sapere a chi sarebbe andato. Ci sono parole per ringraziare? No, le parole non sono sufficienti. Allora serve fare qualcosa; mettere a disposizione un po’ del mio tempo, dedicarmi agli altri e per quanto possibile cercare di restituire almeno una piccola parte del tanto che ho ricevuto».

Ogni giorno la lotta per la sopravvivenza aggiunge nuove richieste alle liste di attesa e proprio per questo è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema di così marcata rilevanza sociale.

Cinzia Grande

LE STORIE

Io dono, non so per chi,maso perché

Racconta Rosario Caruso, albese: «Mi sono iscritto all’Admo nel 2004, a 25 anni. Nessuno mai mi aveva parlato della donazione di midollo osseo né a cosa servisse, ma avere la possibilità di salvare una vita mi è parso molto bello. Nel febbraio 2011, quando il ricordo dell’iscrizione era quasi scomparso, ho ricevuto una telefonata per un prelievo. A giugno mi è stata confermata la piena compatibilità e che il ricevente sarebbe stata una bambina di due anni. Il 3 novembre 2011 sono stato ricoverato, il 4 mattina operato e alle 17 ero già in piedi. II 6 sono stato dimesso con una prognosi di sette giorni di riposo precauzionale. L’operazione avviene in anestesia totale o spinale; al risveglio mi hanno somministrato antidolorifici per una specie di fastidio all’altezza del bacino. Lo rifarei mille volte, salvare una vita non ha prezzo. Dopo la donazione sono diventato un volontario Admo per raccontare la mia esperienza, per dare l’opportunità a tutti di conoscere la donazione e poter scegliere con consapevolezza».

c.g.

Un cuore tutto nuovo per Giuseppe

Pier Giuseppe Orlandin, 65 anni, due anni dopo il trapianto di cuore è entrato a far parte dell’Associazione cardiotrapiantati italiani G. Guasco di Torino (a Torino c’è l’unico centro trapianto per il cuore del Piemonte) ed è diventato il segretario dell’Associazione. Per informazioni: www.actitrapiantitorino. it. Pier Giuseppe quando ha scoperto di aver bisogno di un trapianto di cuore? «Ho iniziato ad avere problemi nel 1992, ma è il 18 marzo del 2001 che mi è stato comunicata la necessità di trapianto. Finalmente, nel 2006, dopo aver superato tutti i controlli, ho ottenuto l’inserimento in lista attiva per il trapianto di cuore». Come ha vissuto quegli anni? «Quando si ha una famiglia, con due figli e una moglie, gli interrogativi che vengono sono tanti. Essere in attesa di trapianto e vedere un trapiantato dà però ossigeno, fa vedere la vita sotto un altro aspetto. Non avevo la benché minima idea di cosa fosse il trapianto, di come affrontarlo, di che cosa fare o no». Ora come sta? «Dopo il trapianto si può riprendere a essere il marito o l’amante o l’amico di sempre, anche con il cuore di una donna. Si può riprendere a lavorare, andare in bicicletta, fare dello sport. Certo ci si deve controllare. Si è seguiti in modo sistematico dal day hospital. Grazie alla mia famiglia, ho superato tutte le difficoltà senza dipendere da nessuno. Non ho mai avuto ripensamenti, sono sempre stato convinto di volere il trapianto e ringrazio il mio donatore, che ricordo per il suo gesto, anche se non so chi sia. Purtroppo, nonostante i progressi della scienza, in attesa di un organo si continua a morire».

c.g.

Piera Pascale, presidente dell’Aido: Abbiamo 1.500 donatori potenziali

Ci sono tante persone che si muovono da anni a supporto della vita ad Alba, svolgendo un’opera di sensibilizzazione importante, quanto misconosciuta. Una di queste è Piera Pascale, presidente del Gruppo intercomunale di Alba dell’Aido (Associazione italiana donatori organi).

Quanti sono i possibili donatori iscritti, Pascale?

«Il gruppo di Alba comprende 43 Comuni (Langa e Roero) e gli iscritti si aggirano intorno ai 1.500 con uguale distribuzione fra uomo e donna».

Non molti, calcolando l’ampia area geografica.

«No, non sono molti. Preciso che la procedura di iscrizione è peraltro semplice: basta recarsi presso l’ufficio Aido, in piazza Risorgimento 1, presso il Comune, e fare la domanda di donazione».

Ad Alba si eseguono trapianti?

«No, Alba può solo prelevare e trapiantare cornee, mentre l’ospedale di Cuneo è autorizzato all’espianto. L’ospedale Molinette di Torino resta l’eccellenza, dove avvengono principalmente operazioni al fegato, al cuore e ai reni».

Qual è l’iter con cui avviene un prelievo?

«La morte celebrale di un paziente viene dichiarata da tre medici, esperti in tre settori diversi. Da quel momento, se il paziente è un donatore o se la famiglia ha acconsentito alla donazione, l’ospedale mantiene la funzionalità degli organi con una circolazione sanguigna extracorporea in attesa del prelievo».

Com’è strutturata la lista d’attesa?

«La lista è regionale, nazionale e internazionale e le chiamate vengono effettuate in base all’urgenza del paziente, non importa l’età o il luogo di appartenenza, basta risultare compatibili con l’organo che si sta per ricevere».

c.g.

 Trapianti, il modello Italia è stato esportato in Europa

Raffaele Potenza è un medico rianimatore del Coordinamento regionale donazioni e prelievi di organi e tessuti del Piemonte e Valle d’Aosta di Torino.

Potenza, può spiegare la morte celebrale?

«È più corretto parlare di morte encefalica, infatti il cervello è una parte dell’encefalo, cioè dell’organo contenuto nella scatola cranica. Cuore, cervello e polmoni sono legati fra loro da uno stretto ciclo vitale e allo spegnersi di uno, gli altri due lo seguono dopo pochi minuti. Fino agli anni ’50 la morte coincideva con l’arresto del cuore e dei polmoni. Poi, con l’evoluzione medica, si è potuto bloccare artificialmente questo ciclo, portando ogni organo a funzionare autonomamente grazie ai macchinari di rianimazione. Una persona ricoverata in rianimazione a causa di un esteso danno dell’encefalo, benché tutti gli altri organi continuino a funzionare grazie alle macchine, potrebbe peggiorare e andare incontro a morte encefalica, cioè alla cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Gli altri organi potranno essere ancora funzionanti, grazie agli aiuti esterni, ma non saranno più vivi. E questa la differenza importante da far capire a tutti».

Quanto tempo passa dalla morte prima che si effettui un prelievo di organi?

«Sei ore, fondamentali per svolgere le pratiche legali connesse con la certificazione della morte. Tale certificazione è effettuata da tre medici con competenze differenti: un’anestesista-rianimatore, un neurologo esperto nella lettura dell’elettroencefalogramma e un medico legale che funge da garante. È bene sottolineare che l’ora della morte è quella dell’inizio del periodo delle sei ore. I familiari vengono seguiti da medici, che li aiutano a comprendere il significato della morte encefalica e i vari passaggi della donazione degli organi».

Quali sono i centri di trapianto piemontesi?

«Tra i vari centri che si occupano di innesti di cornee va annoverato quello del San Lazzaro di Alba. Alle Molinette di Torino si trapiantano cuore, polmoni, fegato e reni e a Novara i reni. Per i bambini i trapianti di cuore e di rene sono eseguiti presso l’ospedale Regina Margherita di Torino, mentre quelli di fegato e polmone alle Molinette. Siamoun’eccellenza nel settore e a livello di sicurezza dei trapianti il modello italiano è stato esportato in Europa».

c.g.

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