Senza la domenica non possiamo vivere

Il lunedì dopo la domenica di Pentecoste inizia la seconda tranche del Tempo ordinario, che non significa secondario, di minore importanza. Al contrario esso si propone di evidenziare l’importanza della domenica nella vita di fede, e in essa del mistero di Cristo nella sua completezza, e non nei vari caratteri che le diverse solennità prendono in considerazione. Dunque la sequela di Gesù è posta al centro di un lungo itinerario che si dispiegherà in 27 domeniche, fino all’inizio dell’Avvento. Esso sarà interrotto solo da tre festività che prevalgono sulla domenica: la Trinità, il Corpus Domini, Cristo re dell’universo.

In tutte le altre settimane, la domenica torna a riprendere il suo posto di cardine dell’anno liturgico, festa prima e principale. E ciò perché essa, che è da sempre chiamata “giorno del Signore” e “Pasqua settimanale”, introduce progressivamente al mistero di Cristo morto e risorto. Nel giorno memoriale della sua risurrezione, egli ci accompagna, di settimana in settimana, a rendere più concreta e salda la nostra fede e a camminare verso la “domenica senza tramonto”, che è il nostro destino e la nostra meta.

 

So bene che nei confronti di una simile “teoria”, della quale forse non sfugge l’impegnativa bellezza, è in atto nella nostra società una sfida dai molti aspetti che rischia di svuotarla del suo originario carattere religioso. Sia che si debba lavorare, sia che ci si dedichi al riposo, allo sport, alla casa, sia che ci si muova per raggiungere altre località, non è difficile finire di perdere di vista il vero significato di questo giorno. Capita anche che sia percepito come un tempo vuoto, che non si sa come riempire e che di conseguenza provoca un certo malessere per la sensazione di insignificanza che lo accompagna. Sono tutte modalità con cui si rischia di lasciare incompiute le domande di senso e il profondo desiderio di felicità spesso inespresso che pure ci abitano e che rimangono senza risposta.

E così alla domenica, invece di liberarci dal vortice di impegni dei giorni feriali e cogliere l’opportunità di esprimere il meglio di noi stessi, finiamo per permettere che l’ingombro di troppe “cose” o un penoso vuoto esistenziale oscurino la gioia e la speranza che possono provenire dall’incontro con il Signore risorto e cancellino del tutto il suo orientamento al compimento finale.

Da quanto detto emerge con chiarezza che al centro della domenica cristiana sta la celebrazione dell’Eucaristia, che fin dall’indomani della prima Pentecoste ha visto riuniti in comunità i credenti attorno al loro Signore, per ascoltare la sua Parola e nutrirsi del suo corpo. Quest’anno è l’evangelista Luca incaricato di guidarci lungo tornanti e tappe, che si propongono come un organico itinerario di sequela di Gesù lungo il suo percorso verso Gerusalemme. Consegno alla vostra meditazione una prima, essenziale presentazione, che auguro possa invogliare a preparare personalmente la partecipazione alla liturgia della Parola.

Le prime due domeniche (10ª, 9 giugno; 11ª 16 giugno) affidano ad altrettanti incontri la dimostrazione di come Gesù possa trasformare le esistenze. E così delle persone comuni (la vedova di Naim, la peccatrice perdonata) diventano “vangelo” di quella vita buona a cui anche noi siamo abilitati dall’incontro domenicale con Gesù. La 12ª domenica (23 giungo) costituisce uno snodo importante, dal momento che gli apostoli – e noi con loro – sono messi di fronte alla domanda essenziale: «Voi chi dite che io sia?». Solo rispondendo come Pietro «il Cristo di Dio» ci si apre davanti il successivo percorso.

+ Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba (1, continua)

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