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Il Progetto estate lavoro

I numeri del Progetto estate lavoro, nato dalla collaborazione di Centro per l’impiego, Informagiovani, Consorzio socio assistenziale, partito in questi giorni (vedi Gazzetta dell’11 giugno) sono confortanti. Nel 2012 sono stati avviati 106 tirocini con 60 aziende coinvolte. 140 domande per l’edizione 2013. Estate lavoro incarna una «officina occupazionale». L’idea, come ha spiegato l’assessore albese alle politiche giovanili, Gigi Garassino: «è di avvicinare i giovani al mondo del lavoro, sostenerli nell’individuazione e nel rafforzamento delle loro scelte future».
L’esperienza di Giulia, 17 anni, l’anno scorso è stata positiva. «I titolari del bar dove ho lavorato come cameriera sono stati gentili, a fine tirocinio sono stata pagata. Oltre a mettere da parte un gruzzolo per spese personali e vacanze, l’esperienza umana si è rivelata fondamentale. Non avevo mai lavorato in un bar, a stretto e costante contatto personale. Ho capito che dietro a una professione che credevo facile – appoggiare cibi e bevande su un tavolo – si nasconde un mondo intero. Dovevo nascondere le mie tristezze e le mie paure, impegnarmi a sorridere. Non è questione di falsità, ma di capacità di adattamento. Credo che l’esperienza mi aiuterà. Quest’anno vorrei provare un’esperienza diversa: attraverso Informagiovani sono in contatto con un’azienda che potrebbe essere disponibile ad accettare la mia presenza come tirocinante negli uffici. L’obiettivo finale utilizzare queste occasioni lavorative per capire cosa voglio essere nella mia vita, e cosa invece non voglio essere».
Eppure, non è tutto oro quel che luccica. Spiega un imprenditore albese: «Preferisco non partecipare al progetto Estate Lavoro perché è contrario alla mia etica: i tirocini sono svolti in maniera gratuita da studenti. Sebbene nella maggior parte dei casi il titolare, alla fine della prestazione, “risarcisca” il lavoratore, le paghe rimangono basse e talvolta addirittura esigue. E in un periodo di difficoltà economica il progetto potrebbe sottrarre lavoro a chi ne avrebbe davvero bisogno. Le aziende o i locali preferiscono assumere un tirocinante sottopagato per la stagione estiva invece che stipulare contratti reali. Il fenomeno del precariato, in definitiva, risulta aggravato».
Un’opinione riscontrata in altre persone. Anche il capo del centrodestra cittadino, Carlo Bo, ha qualche perplessità: «L’imprenditore o il gestore di un locale viene incentivato a assumere persone senza garanzia retribuzione, evitando di firmare contratti “ordinari”». Ma aggiunge: «Il tirocinio è limitato nel tempo: in questo modo, il concetto di apprendistato non viene intaccato. Nel complesso credo sia una buona iniziativa, che potrebbe diventare pericolosa solo se la durata dei contratti di tirocinio venisse prolungata».
Matteo Viberti

La storia no: «Paga da tre euro e un lavoro rubato»
Luisa ha 18 anni e frequenta il liceo artistico. «L’anno scorso ho lavorato in un locale albese per circa un mese e mezzo grazie all’intermediazione di Informagiovani. L’orario era dilatato, arrivava anche a dieci ore al giorno. Alla fine del “contratto”, la retribuzione è stata minima. Circa tre euro l’ora». La ragazza racconta anche di aver incontrato un amico, poco dopo la conclusione dell’esperienza di tirocinio, che le confidò di aver chiamato il bar pochi giorni prima dell’assunzione di Luisa: «Il mio amico cercava lavoro dopo aver finito la scuola superiore. I titolari gli risposero che avevano già ingaggiato una tirocinante, cioè io. In altre parole, a loro conveniva di più “assumere” un tirocinante sottopagato durante il periodo di maggior flusso di clientela, invece che “rischiare” stipulando un contratto vero e proprio». Quest’anno Luisa non ripeterà l’esperienza. m.v.

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