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Non è possibile che ci sia sempre una giustificazione per tutto

Egr. Direttore, gli ultimi fatti di cronaca ci illustrano il disagio crescente dei nostri adolescenti, soli con se stessi e soli nel mondo. Fragilità interiore senza scampo, resa più evidente da atti di bullismo vigliacco, quando non francamente criminale… ma il bullismo c’è sempre stato e non solo fra i giovani. È l’habitus mentale degli stolti, dei laidi ignorantoni, deboli con i forti e forti con i deboli, o percepiti come tali. È il quarto d’ora di celebrità di colui che solo dall’ostentazione di un simulacro di forza che, in realtà, non gli appartiene, ricava l’unico carburante consentito al suo mediocre cervello per arrancare lungo l’impervio cammino della sua malsana e superflua esistenza. Ma i nostri ragazzi, come li aiutiamo a prendere a calci, metaforici ma anche no, i bulli microcefali che ammorbano le loro vite? A mio parere, costringendoli a rinfrancare il carattere e a costruirsi una personalità. È un lavoraccio che le famiglie devono sobbarcarsi fin da quando i figli son piccini e che la scuola deve contribuire a rifinire con provvedimenti adeguati. Ad esempio, mi sono sempre chiesta se sia sensato e produttivo tenere prigionieri i nostri ragazzi in una trappola di bambagia anestetizzante fin oltre la maggior età, mentre frequentano scuole non più dell’obbligo. Non studi a ripetizione? No problem: ti reinterrogo a ripetizione fino all’agognato sei meno meno. Arrivi sistematicamente in ritardo? Pazienza: qualcuno che ti giustifichi c’è sempre. Non ti impegni se non superficialmente nello studio? E che sarà mai: corsi di recupero su corsi di recupero e vedrai che tamponeremo. Ti abbandoni a intemperanze giovanili passibili di denuncia, senza che neppure ti sia reso conto di ciò che hai fatto? E vabbe’, bisogna capirti: sei una creatura. Non è possibile che ci sia sempre una giustificazione per tutto. Non è possibile che corretto e scorretto, giusto e ingiusto, bene e male finiscano nel medesimo calderone e diano luogo a una brodaglia indistinta che riempie la pancia ma non nutre il cervello. È così che si allevano vittime sacrificali e carnefici da competizione, che si scambiano e si alternano nei ruoli.

Maria Antonietta Panizza, istituto “Einaudi”, Alba

A mio parere i nostri ragazzi si trovano di fronte a una duplice difficoltà. La prima deriva dal bombardamento di informazioni, sollecitazioni a cui sono sottoposti. E dalla rapidità dei cambiamenti, dalla frenesia, dal moltiplicarsi velocissimo degli stimoli e delle idee. È difficile, anche per gli adulti, orientarsi, trovare un punto fermo. La seconda difficoltà è la solitudine in cui i ragazzi si trovano: a causa delle situazioni familiari sfilacciate, deboli, e a causa della difficoltà degli educatori (famiglia, scuola, parrocchia) di essere autorevoli, credibili, punti di riferimento solidi. Che fare? Mi vengono in mente le parole di papa Francesco pronunciate il 4 maggio a Santa Maria Maggiore. In esse fa riferimento alle madri, ma il suo discorso vale analogamente per tutti. «Una mamma», ha detto, «educa i figli a non cedere alla pigrizia – che deriva anche da un certo benessere –, a non adagiarsi in una vita comoda che si accontenta di avere solo delle cose». La mamma ha cura dei figli perché crescano forti, capaci di prendersi responsabilità, di impegnarsi nella vita, di tendere a grandi ideali. In secondo luogo, una mamma aiuta i figli a guardare con realismo i problemi, le sfide della vita e ad affrontarli con coraggio, a non essere deboli, a saperli superare. Infine una mamma aiuta a prendere le decisioni definitive con libertà. Che non significa «fare tutto ciò che si vuole, lasciarsi dominare dalle passioni, passare da un’esperienza all’altra senza discernimento, seguire le mode del tempo; libertà non significa, per così dire, buttare tutto ciò che non piace dalla finestra. No, quella non è libertà! La libertà ci è donata perché sappiamo fare scelte buone nella vita, scelte definitive!».

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