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Offensiva cinese sui DAZI

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VINO Gli europei se la prendono coi pannelli solari cinesi? E la Cina risponde con un’indagine antidumping e antisussidi sul vino europeo. Il drago cinese è passato al contrattacco annunciando di voler aumentare i dazi doganali nei confronti del vino, tra cui naturalmente figura anche quello italiano. Una minaccia per l’Italia e per Langhe e Roero, i cui produttori cominciavano ad affacciarsi con interesse al mercato dell’Estremo oriente. I dati di questi investimenti parlano chiaro: basti pensare che solo l’incidenza del vino italiano è passata dall’1 per cento di fine anni Novanta, all’8 per cento attuale, con un volume d’affari in costante crescita che oggi sfiora gli 80 milioni di euro. Solo nell’ultimo anno le esportazioni di vino made in Italy in Cina sono aumentate del 15 per cento (dati Cia) e nel primo bimestre del 2013 la spesa per le nostre bottiglie è cresciuta del 41,5 per cento, pari a 32.596 ettolitri venduti nel Paese asiatico tra gennaio e febbraio. Al momento si attendono ulteriori sviluppi: i cinesi hanno dato la possibilità ai produttori di vino italiani ed europei (fino al 19 luglio) di registrarsi in quanto aziende produttrici che esportano in Cina, in un apposito modulo messo a disposizione dal Governo cinese. Dopo la chiusura della fase di registrazione, le autorità orientali sceglieranno un campione di imprese che dovrà essere sottoposto a un’accurata indagine per verificare l’eventuale azione di dumping. Da questo controllo Pechino deciderà quali aziende registrare come cooperanti e quali no, applicando alle prime dazi inferiori. Cosa cambia per i produttori della nostra zone? Gazzetta lo ha chiesto ad alcuni di loro.

Roberto Bruno (Fontanafredda): «L’esportazione verso la Cina è una nostra recente attività. Siamo ottimisti nei c o n f r o n t i dei rapporti con questa terra nonostante il clima di conflitto che si è creato. Abbiamo poco tempo per adempiere alle regole imposte dal mercato cinese, ma lo faremo perché la nostra intenzione è quella di continuare a esportare vino verso questo nuovo e promettente mercato. Intanto attendiamo una risoluzione della questione da parte delle autorità».

Aldo Vacca (Produttori Barbaresco): «Noi esportiamo ancora poco verso la Cina, ma sicuramente il fatto di dover compilare ulteriore documentazione può portare molte aziende, specialmente quelle che esportano poco, a pensare se abbandonare il campo e rivolgersi verso altri mercati piuttosto che continuare a esportare verso un Paese che pone barriere di questo genere. Basti pensare al fatto che i documenti da allegare sono da compilare in cinese: il Ministero delle politiche agricole ci ha assicurato che ci darà una mano a sbrogliare questo compito ma ciò significa dare avvio a una burocratizzazione preoccupante che produrrà numerose rinunce».

Anna Bracco (Cantina sociale di Clavesana): «Al momento siamo ancora in fase di ricerca di un possibile sbocco in Cina per i nostri vini. Sicuramente sapere che il quadro burocratico si complicherà mette in dubbio questa decisione. Ci sono costi in termini economici e di tempo che andranno tenuti in considerazione: ciò può frenare le esportazioni verso la Cina. Prima di decidere, attenderemo più chiarezza».

Andrea Ferrero (presidente del consorzio “Piemonte land of perfection”): «Capisco la posizione, più che legittima, della Cina di voler avviare una procedura di questo genere. Capisco di meno la ritorsione nata nei confronti dei dazi sui pannelli. Noi rappresentiamo centinaia di aziende del territorio: di queste, oltre la metà hanno rapporti con la Cina. Non posso dire che ci sia malumore; stiamo spiegando ai produttori come muoversi in attesa di ulteriori sviluppi della situazione. Sicuramente l’ansia di un’ulteriore burocratizzazione è diffusa».

Maurizio Bongioanni

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