Ultime notizie

Priebke e Welby: perché un così diverso comportamento?

Egr. sig. Direttore, mi rivolgo a lei per una sua opinione, come giornalista, ma soprattutto come sacerdote. Sono stato stupito dal comportamento della Chiesa nel recente caso Priebke, paragonandolo con quello riservato a Piergiorgio Welby. Sono convinto che il Dio, descritto da Mosè sul libro dell’ Esodo sia “lento all’ira e ricco di misericordia” (Es 34,6), e che la misericordia divina sia condizionata al pentimento. Gesù sulla croce ha misericordia per uno solo dei due malfattori, quello che si è pentito. Il carnefice delle Fosse Ardeatine non si è mai pentito; si deduce, pertanto, che non sia meritevole della misericordia divina; anzi si è propensi a pensare che Dio ha avuto 355 motivi per adirarsi contro di lui. Vorrei, anche pensare che i suoi tanti anni di vita gli siano stati concessi allo scopo di potersi pentire del suo comportamento contrario alla legge divina. Tuttavia la Chiesa era disponibile a celebrare il funerale cristiano alla salma di questo uomo malvagio mai pentitosi delle sue atrocità. La stessa Chiesa, solo pochi anni prima, non concesse le sacre esequie a Piergiorgio Welby, uomo sofferente che chiese a Dio di allontanare da lui quel calice di sofferenze, sofferenze alle quali solo la sua morte avrebbe potuto porre termine. L’atteggiamento di Welby è lo stesso del Gesù uomo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice di dolore” (Lc 22, 41-42). Sì, Gesù accetta la volontà del Padre per concludere la sua missione salvifica, per salvare, con la sua morte di croce, il mondo. Perché un comportamento così diverso? Per il carnefice la Chiesa concede la sepoltura cristiana della salma, mentre la nega all’uomo sofferente che non ha la forza di accettare quel calice di dolore?

Mario Marengo, Alba

Tra i due casi ci sono delle analogie, e cioè un possibile tentativo di strumentalizzazione delle esequie. In un caso per fare propaganda dell’eutanasia, nell’altro per una sorta di adunata di nostalgici del nazismo. Per questo il Vicariato di Roma ha negato la possibilità di celebrare pubblicamente i funerali. Per Priebke «ha ritenuto che la preghiera per il defunto e il suo affidamento alla misericordia di Dio – finalità proprie della celebrazione delle esequie religiose – dovessero avvenire in forma strettamente privata, cioè nella casa che ospitava le spoglie del defunto». La proposta è stata rifiutata dall’avvocato di Priebke. Per quanto riguarda Welby, secondo me ci si poteva comportare nello stesso modo. Ma questo è stato fatto solo parzialmente. Il Vicariato ha scritto che «non vengono meno la preghiera della Chiesa per l’eterna salvezza del defunto e la partecipazione al dolore dei congiunti». E questo in fondo è il senso delle esequie. Tuttavia non è stato concesso un funerale religioso vero e proprio «perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica». Il diritto canonico non prevede le esequie per coloro che «prima della morte non diedero alcun segno di pentimento» e per «i peccatori manifesti». Non sappiamo se Priebke si è pentito o no. Non sembra, ma che cosa c’è nel cuore di ogni uomo lo sa solo Dio. Alla sua misericordia la Chiesa affida tutti. Anche a noi non resta che pregare per tutti, non avallando nessuna idea contraria alla dottrina cattolica, né alcuna ideologia contraria alla fede.

Banner Gazzetta d'Alba