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Perché decidete senza dirci niente, senza ascoltare i nostri problemi?

Carissimo Direttore, mi chiamo Martina, con mio fratello Lorenzo frequento la scuola superiore. Mi alzo al mattino alle 6.15, alle 7 salgo sul pullman, verso le 7.50 arriviamo in piazza d’armi a Mondovì e poi spediti per un chilometro, perché il badge ci aspetta: se entriamo dopo le 8 il ritardo viene segnalato dall’occhio elettronico e questo influirà sul voto di comportamento. Dopo cinque ore di lezione, il ritorno a casa alle 14.10, il pranzo, lo studio, lo sport, la musica. Siamo giovani, non è una grossa fatica. Il prossimo anno dall’alto ci vogliono imporre il sabato a casa: fantastico! Il problema è che la nostra giornata infrasettimanale diventerà un po’ troppo pesante. Le ore di lezione passeranno da cinque a sei, il rientro a casa verso le 15.10, ancora senza pranzo. A me piacciono la musica e il canto: tre giorni a settimana sono impegnata in queste attività che sono la mia passione. Per molti anni ho giocato a pallavolo ma l’attività agonistica era diventata troppo impegnativa: ho lasciato lo sport e ho scelto la scuola, ma non so se sia giusto. Anche la scuola a suo modo è una passione, però mi sembra che in questo modo la faremo diventare “la Passione”. Non potete chiederci di rimanere fuori casa dalle 7 del mattino alle 15, senza pranzo; non chiedeteci di lasciare lo sport, il canto, la musica: sono la nostra passione! Perché decidete senza dirci niente, senza ascoltare i nostri problemi? Siamo i vostri figli, siamo i vostri studenti, tra non molto andremo a votare. Siamo il vostro futuro.

Martina, Dogliani

Ho deciso di mettere in evidenza questa lettera perché parliamo spesso di giovani, dei loro problemi, delle loro speranze, delle aspettative che la società ha nei loro confronti,maa volte ci dimentichiamo di ascoltare la loro voce. Invito tutti, dunque, a leggere attentamente quello che ha scritto Martina, per trovare le soluzioni migliori. Penalizzare la scuola significa non investire sul nostro futuro. Il piccolo risparmio di oggi rischia di portare domani al fallimento della nostra società, alla retrocessione del nostro Paese anche a livello economico. Politici, amministratori, dirigenti scolastici e insegnanti dovrebbero prendere in seria considerazione le istanze di questa studentessa. Io aggiungo due considerazioni a margine. La scuola, specialmente quella superiore, se presa sul serio come fa Martina, è un grosso impegno. Se ci pensiamo, le cinque ore di lezione, più le due o tre di studio quotidiano, corrispondono a una comune giornata di lavoro. Ricordo ancora un mio zio che, quando gli spiegai che al liceo avevo dalle cinque alle sette ore quotidiane in classe, più il tempo da dedicare ai compiti e allo studio, mi disse che lavoravo più di un operaio. Insomma, non dobbiamo dimenticarci che frequentare la scuola non vuol dire fare la bella vita. La seconda considerazione riguarda la passione. È una bella parola, perché certo si può trasformare in sofferenza (e questo è il significato originario, dal latino passio, in greco pathos), mapuò diventare, com’è ormai nell’uso comune, una potente inclinazione, un interesse fortissimo. Le passioni possono essere anche negative, quando si tratta di spinte incontrollabili che non riusciamo a dominare. Si tratta, dunque, di trovare il giusto equilibrio, per imparare a tenere in mano la propria vita, scegliendo il meglio, senza smettere di sognare. Lo sport, il canto, la musica, la scuola stessa possono diventare non più obblighi, ma passioni da coltivare, in modo equilibrato, con scelte a volte difficili e sofferte. La scuola deve avere il primo posto, perché è fondamentale nella formazione ed è un’opportunità di accrescere il sapere che spesso i nostri genitori o nonni non hanno avuto. Tuttavia le altre attività sono anch’esse importanti, perché permettono di socializzare, di aprire la mente e lo spirito. Tutte queste “passioni” sono la culla dei sogni e fanno sperare in un futuro luminoso, in una vita piena e riuscita.

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