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Paolo Tibaldi e il teatro fatto ad Alba (e Sinio) da un attore giovane

Paolo Tibaldi

«Fino a qualche anno fa sentivo dire che ci vuole un gran coraggio per lasciare la propria terra e andarsene, oggi il coraggio serve per rimanere e lottare cercando di fare ad Alba qualcosa di stimolante» spiega Paolo Tibaldi, attore (classe 1989, di Mussotto) del teatro albese, reduce dal successo della rappresentazione Meditate che questo è Stato, in occasione della Giornata della memoria.

Paolo Tibaldi
Paolo Tibaldi

Da dove nasce la passione per il palcoscenico?

«Il teatro mi ha affascinato sin dalle prime recite all’asilo, fin dal primo ruolo, Scrooge in Canto di Natale di Charles Dickens in quinta elementare. E dalla tenera età ho assistito alle rappresentazioni in piemontese del Nostro teatro di Sinio sognando un giorno di farne parte. Un ruolo fondamentale l’hanno svolto anche mia nonna e Gazzetta d’Alba».

Spiegati meglio.

«Mia nonna, ogni martedì, leggeva Gazzetta per poi lasciare il giornale aperto sulla pagina dei necrologi, scorgendo il volto di un defunto conosciuto e iniziava a raccontarne le gesta, snocciolando ricordi. A suo modo era una rappresentazione teatrale attraverso la memoria. Mia nonna si può dire che è stata la mia prima insegnante; sono seguiti, alle superiori, Corrado Marengo e Maria Antonietta Panizza che hanno creduto che io potessi diventare un attore di teatro».

Perché il teatro?

«Penso sia, tra le forme d’arte, una delle più complete: permette di avvicinarsi alla danza, al canto, alla poesia, alla pittura. L’arte non dev’essere “bella” ma saper emozionare e il teatro permette di toccare il cuore, l’organo più intelligente che abbiamo».

Quanto è importante lo studio per la tecnica e le abilità nella recitazione?

«È fondamentale. Per tre anni ho frequentato la scuola Il teatro delle dieci di Torino specializzandomi alla Paolo Grassi di Milano. Importante è stato anche l’incontro con Michael Margotta dell’Actor studio. Bisogna mai smettere di imparare anche assistendo a rappresentazioni teatrali».

A quando risale l’incontro con Oscar Barile e con la compagnia Nostro teatro?

«Da piccolo riuscii a strappare una promessa da Walter, uno dei membri della compagnia: “Se un giorno imparerai il piemontese ti prenderemo”. Ricordai quella promessa, dimostrai di conoscere il piemontese e cominciò, nel 2009 a Bosia, la nuova avventura con lo spettacolo Catlinin. Un’esperienza che si rinnoverà dall’8 febbraio, data della prima di Ciarlatan al Teatro sociale di Alba (vedi box). Si tratta di una commedia di Oscar Barile che punta a denunciare in modo scanzonato e ironico, nello stile della compagnia di Sinio, i ciarlatani appunto, i venditori di “fuffa”».

E gli altri progetti?

«Il 27 marzo, in occasione della Giornata mondiale del teatro porterò in scena uno spettacolo-lezione, scritto da me e musicato da Simona Colonna: Shakespeare made in Italy, incentrato sulle opere del grande bardo ambientate in Italia. A fine estate sarà la volta di Una storia, scritta da Enrico Bergonzoli su musiche di Mauro Carrero, dedicato a un episodio dell’epopea partigiana. Per quanto riguarda l’insegnamento, a metà febbraio partirà il corso di teatro per i bambini dai 7 agli 11 anni alla libreria L’incontro di Alba, attività che farà il paio con il laboratorio teatrale per gli studenti del liceo Cocito che tengo da tre anni. Seguirò la formazione di ragazzi albesi che ambiscono a entrare nelle più prestigiose accademie di teatro senza dimenticare l’attività di “guida” ai luoghi fenogliani per le scuole e gli studenti».

Che cosa ti ha spinto in questo percorso di ricerca su Beppe Fenoglio?

«Prima che la stima verso l’autore è stata l’affinità con i valori dell’uomo: la resistenza, la tensione umana, l’onestà, la propensione alla lotta».

Marcello Pasquero

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