Tredicimila persone in cerca di lavoro tra Alba e Bra

IL PUNTO 13 mila disoccupati sono iscritti alle liste del Centro per l’impiego di Alba-Bra – ben 45 mila in provincia di Cuneo – mentre aumentano le persone in cassa integrazione e le domande di mobilità di lavoratori che hanno perso il posto in seguito alla crisi

L’omelette di Anna al tempo  della crisi

Anna li conta con attenzione i suoi centesimi. Sì, centesimi. Dal borsellino della spesa ne avanzano solo 90. Siamo a fine mese e Giovanni avrà lo stipendio tra due giorni. Con 90 centesimi si può comprare qualche pagnotta. Anna lo sa e tira fuori dal frigorifero le uova rimaste, si appresta alla dispensa e scova la marmellata. C’è una piccola riserva di pasta e la salsa al pomodoro. Poi ci sono l’olio e pure le pesche sciroppate confezionate in estate. Anna non vuole chiedere aiuto.

discesa

Non è molto, ma Anna sa che non è nemmeno sfortunata. Anche se il conto in banca è in rosso fisso a causa del mutuo da pagare. I suoi due figli – uno alle elementari, l’altra alle medie – forse non saranno d’accordo, ma hanno quanto serve: vitto, libri, vestiti e calzature. Se i soldi mancano per due giorni non sarà una tragedia. Giovanni il lavoro ce l’ha e lei conserva il part-time che le ha permesso di condurre una vita decorosa. Eppure Anna, sebbene frulli nella testa questi ragionamenti, cercando d’imprimerseli bene, vive nell’incertezza e teme per il futuro. Perché si accorge delle famiglie di cui la crisi si è impadronita anche ad Alba. È vero che si potrebbe vivere con molto meno. Vero che il cellulare per tutti non è necessario, così come due auto o la pizza il sabato. Vero che l’armadio trabocca. Vero, ma basta che l’azienda in cui lavora dichiari meno commesse – come quella di Armando, suo fratello, che si è ritrovato di punto in bianco, a 54 anni, in cassa integrazione e poi in mobilità – per entrare in una spirale senza uscita. Anna ci pensa, ma crede che tutto cambierà. Si scuote, pensando, un pomeriggio di lunedì. Prende i centesimi e va a comprare il pane, poi entra in cucina e si accinge a preparare le crepes. Uova, zucchero, farina, una bella cucchiaiata di marmellata. La vita può essere vissuta lievemente anche al tempo della crisi.

La famiglia di Anna ha però il lavoro che manca a oltre 13 mila persone iscritte alle liste del Centro per l’impiego di Alba-Bra. Il dato è impressionante, se si considera che parliamo di un bacino di soli 75 Comuni. Nella provincia di Cuneo gli iscritti sono ben 45 mila. Come conferma la responsabile Lucilla Ciravegna, «il problema del lavoro tocca la nostra realtà, fino a ieri molto solida. Oggi dobbiamo riconoscere come la crisi, arrivata in ritardo, abbia espresso i suoi effetti negativi in modo pesante per tutto il 2013».

Secondo gli indicatori dell’Istat il tasso di disoccupazione supera il 6 per cento, una punta ben più bassa di quella a due cifre del Paese, ma mai toccata finora nel cuneese. Pure per i giovani la ricerca di occupazione è difficilissima, visto che il tasso si attesta al 22 per cento, troppo, sebbene circa la metà del triste record nazionale odierno.

Che sta succedendo? Lo chiediamo a Ciravegna. «Il Centro per l’impiego vive la realtà di quanti cercano lavoro, mentre peggiorano le condizioni delle famiglie per mancanza di reddito e scarse opportunità. Vediamo aumentare le persone in cassa integrazione – anche se i servizi hanno intercettato per i percorsi di riqualificazione solo i lavoratori coinvolti nella cassa in deroga – e registriamo un’impennata delle domande di mobilità di lavoratori che hanno perso il posto in seguito alla crisi», ammette la responsabile del Centro di Alba-Bra.

Maria Grazia Olivero

Giovane, diploma generico, non specializzato, disoccupato

«I giovani a rischio disoccupazione sono scolarizzati, magari con un diploma generico, ma con poche competenze maturate». È questo l’identikit del ragazzo senza lavoro che traccia la responsabile del Centro per l’impiego di Alba-Bra Lucilla Ciravegna, la quale spiega: «Occorre però distinguere, evitando di parlare di giovani in generale: la fascia svantaggiata è rappresentata da diplomati da alcuni anni, magari con un diploma poco spendibile, a cui non ha fatto seguito nessuna applicazione pratica».

tabella centro impiego

Per migliorare la loro situazione servirebbero percorsi di riqualificazione, purtroppo sempre meno accessibili a causa del taglio delle risorse economiche a disposizione per la formazione professionale. Inoltre, spiega Ciravegna, «sono utili percorsi di tirocinio per l’inserimento lavorativo dei giovani in azienda. Il nostro Centro per l’impiego li sta promuovendo, perché rappresentano un valido aiuto. Ma è importante anche creare una cultura del lavoro meno rassegnata e scoraggiata; non sono pochi i giovani che non cercano più perché “tanto non si trova” o non accolgono i percorsi di formazione e riqualificazione, perché temono di perdere soltanto tempo».
Prosegue Ciravegna: «Il lavoro dev’essere cercato ma anche “creato”; non si può più pensare che l’unica forma di occupazione sia subordinata; esistono molte esperienze di lavoro autonomo che, se ben ragionate, possono portare risultati».

m.g.o.

Trecentotrenta aziende nate  dagli Sportelli di creazione d’impresa

Se hanno risvolti drammatici in questi tempi di difficoltà generale le vicende delle persone, anche  non giovani, che cercano magari da anni, vanamente, impiego con qualifiche generiche, cadendo spesso in una situazione di vera emergenza economica, va detto che il lavoro che gli Sportelli provinciali per la creazione d’impresa – ubicati presso i Centri per l’impiego – hanno fattivamente svolto ha prodotto in dieci anni importanti risultati.

Nella Granda, dal 2003 al 2013 sono nate 330 imprese. Si va bai birrifici ai baby-parking, dai negozi più diversi alle attività immobiliari, dalle lavanderie ai restauri, tanto per citare. Così ad Alba, Bra, Cuneo, Mondovì, Fossano, Savigliano e Saluzzo gli Sportelli e la Camera di commercio hanno offerto a tutti, compresi gli stranieri, aiuto concreto a livello di consulenza gratuita, realizzando percorsi di accompagnamento nella fase di avvio oltre che di tutoraggio nei primi anni di attività.

Il lavoro non si trova?  Allora, me lo invento

Si può lavorare con successo e soddisfazione anche in proprio. Anzi, viviamo in una delle terre in cui più elevata è la propensione a fare impresa. Lo dicono i numeri della cooperazione in Piemonte. Nel 2008 si contavano nella nostra regione 2.127 cooperative, con 998.811 soci, per un fatturato calcolato in quasi 9 milioni di euro. Nel 2013, dopo cinque anni di crisi, si registra un numero inferiore d’imprese cooperative, 1.689, ma i soci sono aumentati a 1.083.992 e il fatturato si è attestato a più di 12 milioni di euro. Segno che non mancano le persone che tentano la strada dell’autonomia. Ad affiancarle esistono servizi strutturati, legati ai centri per l’impiego, dove sono presenti sportelli per la creazione d’impresa.

tabella assunti alba

Se ne parlerà, dati alla mano, a Creacoop, infoday sulla creazione d’impresa, incontro previsto per oggi, martedì 29 aprile dalle 9 alle 12 presso la sala Beppe Fenoglio nel cortile della Maddalena, organizzato dal Comune e dallo Sportello per la creazione d’impresa in collaborazione con le agenzie formative, gli istituti scolastici, Confcooperative e Legacoop.

Dopo il saluto del sindaco di Alba Maurizio Marello e dell’assessore provinciale al lavoro Pietro Blengini, interverranno: Massimo Gallesio, direttore di Confcooperative Cuneo, il quale parlerà di Cooperazione per i bisogni delle persone e del territorio; Guido Matinata, responsabile di Legacoop Cuneo (Perché fare impresa cooperativa); Federica Martino, referente credito e finanza di Confcooperative Cuneo (Le agevolazioni regionali alle imprese cooperative); Tiziana Altina, operatrice dello Sportello provinciale per la creazione d’impresa (Presentazione dei servizi consulenziali dello sportello); si chiuderà con alcune testimonianze sulle positive esperienze delle attività cooperative create sul territorio; la presentazione e il coordinamento dei lavori saranno affidati a Maria Grazia Olivero, condirettore di Gazzetta d’Alba.

L’iniziativa è rivolta a quanti hanno interesse a conoscere l’impresa cooperativa come opportunità di sviluppo di un’idea di lavoro e di crescita professionale.

Meno impiego, più partite Iva. Nasce l’impresa senza addetti

Aprirsi una partita Iva per lavorare. Una buona idea, come spieghiamo nel servizio di questa pagina. Ci sono però le “trappole” da evitare. Specie in taluni settori. Ad esempio, si può diventare socio di un’impresa in crisi, continuando di fatto a essere un dipendente. Accade anche questo quando s’insegue un lavoro che mai come oggi fugge via.

acciamo un esempio. Il settore edile in provincia di Cuneo è in crisi da tempo. Eppure, i dati registrati dalla Camera di commercio sul numero di partite Iva aperte raccontano un’altra storia. Dal 2000 il trend è in costante aumento. Nel 2008, anno nel quale si sono evidenziate le prime difficoltà, le imprese edili registrate erano 10.524. Oggi sono oltre 11.000, l’85% artigiane.

A ben guardare, alla crescita fa però da contraltare una decrescita. Quella che si registra presso la Cassa edile, dove nel 2008 erano iscritti 1.585 imprese e 6.271 operai, mentre ora le imprese sono poco più di 1.000 e gli operai non arrivano a 5.000. Le partite Iva in aumento non sarebbero altro che gli ex lavoratori dipendenti costretti a licenziarsi per… lavorare, forse per la stessa impresa, ma come autonomi. Un destino che tocca molte persone, soprattutto immigrati.

Ne parliamo con Gerlando Castelli, segretario provinciale della Filca-Cisl: «Si tratta di una situazione che denunciamo con forza. L’operaio costretto ad aprirsi la partita Iva è un lavoratore destinato a fallire. Le imprese che reggono continuano a ridurre il margine di incidenza del costo del lavoro. Anche in provincia di Cuneo si sta realizzando l’impresa “perfetta”, senza lavoratori. A danno delle aziende serie, che ancora ci sono».

Eppure le regole esistono ma vengono aggirate. Come? Esiste, ad esempio, l’associazione temporanea di impresa, che consente a due società di unirsi per partecipare a una gara d’appalto. L’Ati – associazione temporanea, appunto – in campo privato si presta a essere «sfruttata». Spiega Castelli: «Esistono associazioni d’imprese molto “particolari”. C’è l’azienda strutturata che mette a disposizione macchinari e strumentazioni e poi ci sono tante partite Iva con martello e chiodi. Ed è rispetto a queste situazioni che occorre agire per salvare il mercato dell’edilizia, la professionalità di tanti lavoratori e il loro futuro».

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