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La bambina siriana che fuggiva verso l’ignoto

La bambina siriana che fuggiva verso l’ignoto

Full boat

200 siriani salvati L’ultimo salvataggio è avvenuto il 20 ottobre: il Moas – operazione finanziata dalla coppia di imprenditori di origine italiana e americana, Regina e Christopher Catambrone – ha strappato dalle grinfie del mare oltre 200 profughi siriani che, con la loro imbarcazione, tentavano di attraversare il Mediterraneo per fuggire dal conflitto bellico e raggiungere le coste d’Europa. La “missione” collabora anche con “Mare nostrum”, operazione del Ministero della difesa finalizzata al salvataggio dei migranti. Due settimane fa Gazzetta aveva intervistato Vincenzo D’amore, ex dipendente del San Lazzaro di Alba che oggi collabora con il Moas: il suo ruolo è quello di “medico di bordo”, ha cioè il compito di offrire prestazioni mediche ai migranti in condizioni fisiche critiche. Tramite Whatsapp abbiamo contattato Vincenzo il 24 ottobre, per ricevere aggiornamenti. Ha spiegato l’albese: «I rifugiati Siriani preferiscono affrontare il rischio del viaggio a fronte della certezza di un presente di distruzione e morte. È in questa disperazione che troviamo la risposta al perché partano donne gravide e neonati: si tratta dell’istinto alla difesa e alla conservazione della prole, una forza che spinge queste madri verso l’ignoto. Un saluto da Valletta dove siamo fermi per un paio di giorni in attesa che il vento si plachi. Poi si ripartirà verso le acque internazionali a soccorrere altri disperati».

Dominic

La bambina del mare Pure Regina Catambrone, imprenditrice che assieme a suo marito ha ideato l’intera operazione, ha dialogato con Gazzetta. Le sue parole hanno forma di “lettera” amichevole, ma zeppa di dolore: «Cosa dire, ogni salvataggio ti trasmette emozioni diverse di gioia – nel dar aiuto a persone disperate – e tristezza, ad esempio quando veniamo a sapere che uno di questi barconi si è capovolto, affondato, e nessuno è riuscito ad intervenire tempestivamente. È diverso salvare persone che sono state in mare 12 -15 ore oppure trovarli dopo 22-28 ore». Prosegue Regina: «Molto spesso i migranti vengono abusati, maltrattati, imprigionati, violentati prima di arrivare ai porti da dove partiranno. Quando li avvistiamo sembrano un’estensione del barcone tanto i corpi sono incastrati gli uni con gli altri, come un puzzle che noi pian piano rompiamo con cura, ridandogli individualità. Mi auguro che la Missione Moas sia capita in Italia e anche in altri Paesi Europei. Le foto sono dell’ultimo salvataggio. La bambina ha lo sguardo dell’innocenza. Riusciresti a non aiutarla?». Se non dovessero arrivare ulteriori finanziamenti, il Moas chiuderà i battenti entro fine ottobre. Lasciando al proprio destino centinaia di profughi in fuga.

Matteo Viberti

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