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Nella vita bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo. Parola di Dan Segre

GOVONE Diplomatico, scrittore, giornalista, docente universitario, tra i fondatori dello Stato di Israele e tra i massimi conoscitori del mondo ebraico, su Vittorio Dan Segre (o solo Dan Segre, come egli avrebbe voluto), sono state scritte pagine e pagine negli ultimi giorni, e non poteva essere altrimenti, per un uomo che ha vissuto e scritto la Storia con la S maiuscola. Dan oltre che un uomo dalle molteplici passioni e interessi, fu anche un amico per molti govonesi, un saggio a cui chiedere consigli, uno splendido marito per l’albese Rosetta Bauducco e un padre-guida per i due figli Michael ed Emanuel. Gazzetta ha incontrato a Govone il figlio Michael, professore universitario di storia delle scienze all’università Gabriele d’Annunzio di Chieti.

Qual è stato il legame di suo padre con Govone, professor Segre?
«Govone è sempre stata la base della famiglia, un’oasi di tranquillità in cui tornare per sentirsi a casa, nonostante il lavoro e gli impegni ci abbiano spesso portati all’estero. Mio padre, pur essendo nato a Rivoli e non qui a Govone, come riportato erroneamente da altri giornali, ha fatto sforzi enormi per mantenere la casa di famiglia, era molto legato a questo paese e ai govonesi».

Se pensa a suo padre qual è il primo ricordo che le viene in mente?
«Nonostante fosse spesso lontano, mio padre è stato un padre presente, attento e premuroso. Ricordo che a 16 anni vissi, come molti adolescenti, una crisi dettata dall’incertezza, dal non saper che cosa fare della mia giovane esistenza. Vivevo in Inghilterra in quel periodo e lui mi scrisse una lettera meravigliosa, che conservo ancora. Nella missiva ricordava quando mi insegnò a cavalcare e scriveva: “La vita è come andare a cavallo, bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo e sconfiggere la paura”. Fu un grande insegnamento che mi accompagna ancora oggi».

E che cosa le manca di più ora?
«Mi manca poter parlare con lui e penso mi mancherà sempre, ero abituato a confrontarmi con lui per ogni problema, in questi giorni ogni volta che ho un’idea o un dubbio vorrei parlargliene, ma purtroppo non è possibile».

Come ha affrontato la malattia un uomo come suo padre?
«Con grande dignità: si riteneva un uomo fortunato e, pensando a tanti ebrei morti durante la Shoah, spesso sentiva il senso di colpa per essere sopravvissuto. Questo fatto lo ha portato ad affrontare la vita come un dono, con serenità, nonostante tante volte sia andato vicino alla morte avendo vissuto un incidente aereo, un infarto e un tumore».

Anche con voi figli fu il saggio che tutti celebrano?
«Lo è stato veramente, un saggio, un confidente, un amico fino agli ultimi giorni, nonostante la leucemia lo avesse provato profondamente, discutevamo spesso di filosofia, di teologia, ma anche di argomenti più frivoli come la nuova macchina o i piccoli problemi di ogni giorno, quando potevamo guardandoci negli occhi, quando questo non era possibile usando Skype».

Suo padre a 92 anni usava Skype?
«Sì, non aveva paura di utilizzare le nuove tecnologie, che se impiegate nel modo corretto possono semplificare la vita. Mio padre usava Skype e in famiglia o con gli amici, erano frequenti le videoconferenze. Scriveva inoltre col computer e sono contento che abbia potuto stringere fra le mani Storia dell’ebreo che voleva essere eroe, il suo terzo libro autobiografico edito da Bollati Boringhieri, pubblicato pochi giorni prima della sua morte».

Lo ha letto?
«No, non ho ancora avuto questa fortuna, anche se ho avuto quella più grande: di essere parte della sua autobiografia, avere un uomo come lui come padre, un saggio, un confidente, un amico. Il libro lo leggerò prossimamente».

Marcello Pasquero

Vittorio Dan Segre, una vita piena

Il 27 settembre è morto a Torino, a 92 anni, Vittorio Dan Segre. Nato nel 1922 a Rivoli da una famiglia con solide basi a Govone, dove egli spesso abitò nel dopoguerra, Segre ha vissuto un’esistenza piena e intensa. Sfuggito in Palestina alle leggi razziali, nel 1944 risalì l’Italia come corrispondente della Brigata ebraica e nel 1948 fu tra i fondatori dello Stato di Israele. In seguito svolse il ruolo di diplomatico in Magadascar e nell’Africa occidentale, prima di tornare alla passione di sempre per il giornalismo e per la scrittura, collaborando con Le Figaro, La Nazione e il Corriere della Sera e fondando, con Indro Montanelli, nel 1974, Il Giornale, con cui ha collaborato fino alla morte. Segre fu docente universitario a Oxford, Stanford, al Mit di Boston, alla Bocconi e alle Statali di Torino e Milano e dal 1989 professore emerito di pensiero politico ebraico a Haifa.
m.p.

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