«Sono disposto a cedere un rene pur di avere lavoro»

don rizzolo antonio_qSono disponibile anche a cedere un rene pur di trovare lavoro. Sono veramente disperato. La vita non è stata molto generosa con me. Ho vissuto una lunga storia d’amore con una signora che aveva una grave infermità e che è deceduta da qualche anno, lasciandomi in custodia i suoi due figli. Poi ho incontrato un’altra donna con la quale – dopo un periodo di convivenza abbastanza serena e la nascita di un figlio – le cose hanno cominciato a scricchiolare, sempre per lo stesso motivo: la mancanza di lavoro. Ho fatto mille domande, sono disponibile a fare qualsiasi cosa. Recentemente ho lavorato al cantiere del teleriscaldamento, ma purtroppo adesso sono nuovamente a casa. Come posso sfamare i miei tre figli se non ho la garanzia di uno stipendio? Spero davvero che qualcuno di buon cuore possa aiutarmi.
Un quarantenne in crisi, Bra

Questa lettera fa capire la situazione di disperazione in cui si trova chi non ha un lavoro per sostenere la propria famiglia. È un tema che presentiamo da tempo sulle pagine di Gazzetta. In questo numero parliamo, a pag. 8, della crisi del comparto metalmeccanico della Granda, con ben 2.500 persone che nel 2013 hanno perso il lavoro. A pag. 10 raccontiamo alcune storie legate al mondo del lavoro: di chi l’ha perso, di chi s’accontenta, di chi ha deciso di investire in progetti sociali per aiutare gli altri. Riguardo alla lettera, è bene sottolineare che in Italia la compravendita di organi è illegale, così come è vietato fare da intermediari. La donazione è possibile solo tra parenti stretti. Il caso in questione, però, esprime solo l’abisso della disperazione, è un grido di aiuto. Invito perciò chiunque può fare qualcosa a dare il proprio contributo. In realtà, nessuno è solo fino in fondo, non vale la pena lasciarsi travolgere dall’angoscia, soprattutto pensando ai propri familiari. E non si deve dimenticare che esiste ancora la solidarietà, non mancano le istituzioni e le associazioni pronte a dare una mano. Ricordiamo, tuttavia, come ha detto il Papa in più di un’occasione, che la mancanza di lavoro tocca la persona nella sua stessa dignità. «Non avere il lavoro», ha ribadito nella sua visita pastorale a Campobasso, «non è soltanto non avere il necessario per vivere. Noi possiamo mangiare tutti i giorni: andiamo alla Caritas, andiamo a questa associazione, andiamo al club. Il problema è non portare il pane a casa: questo è grave e questo toglie la dignità. Il problema più grave non è la fame, è la dignità». Francesco ha proseguito dicendo che la disoccupazione «è una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti» e ha invitato a diffondere sempre più «la cultura della solidarietà», appellandosi alla «responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario» in vista di un «patto per il lavoro» che sappia cogliere le opportunità offerte dalle normative nazionali ed europee. Ce n’è bisogno anche dalle nostre parti.

Banner Gazzetta d'Alba