Le parole di Michele Ferrero, dolci come il miele e forti come macigni

GRAZIE MICHELE Sabato pomeriggio, il giorno di San Valentino, ero di ritorno da Dogliani. Mi ero recato in Langa per l’intervista a un reduce di Mauthausen, una “missione” quasi inedita per me che di solito per Gazzetta seguo Roero e Alba.
Dogliani, la patria di grandi personaggi come Luigi Einaudi e Michele Ferrero. Solo più tardi quella destinazione, quel cielo che intorno alle 16 ha iniziato a elargire copiose gocce di pioggia, mi sono sembrati quasi un presagio. È successo quando la condirettrice di Gazzetta d’Alba mi ha chiamato con voce rotta dall’emozione, avvertendomi: «È morto Michele Ferrero, Marcello». Non so se Maria Grazia Olivero abbia capito che cosa stesse succedendo all’altro capo del telefono, ma a fatica sono riuscito a dissimulare la commozione.

L’altra parte della mia vita, quella non fatta di interviste, ma di turni e produzione di cioccolato in Ferrero stava subendo un duro colpo. Da 13 anni faccio parte della grande famiglia della “fabbrica del cioccolato”, una famiglia con a capo una guida e un esempio come Michele è stato nella vita. Da mesi, tra colleghi si discuteva, si sperava, si pregava per quell’uomo che sapevamo sofferente. L’auspicio era di rivederlo presto in azienda, tra la sua gente.

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Non so in quanti luoghi del mondo un imprenditore di successo possa vantare di avere attorno a sé una tale stima, un affetto tanto grande. Per noi dipendenti non era l’uomo più ricco d’Italia o il fondatore di un impero del cioccolato, era semplicemente Michele, una persona dalla grande umanità che rispettava tutti ed era rispettato da tutti. Il Michele che parlava poco, ma c’era sempre e quando scriveva ai dipendenti sapeva usare parole dolci come il miele e forti come macigni. Avveniva periodicamente in occasione delle festività natalizie. Fuori il mondo crollava sotto i colpi della crisi, dentro Michele ci augurava «Buon Natale», ringraziandoci, dicendoci che il merito del successo della Ferrero era in gran parte nostro. Ci assicurava sulla solidità di un’azienda che aveva un volto umano, il suo, e invitava a un Natale sereno da vivere in famiglia.

Alla fama Michele Ferrero aveva preferito la stima, l’affetto e la riconoscenza che noi dipendenti tributeremo, dopo averlo fatto ogni giorno col nostro lavoro, dopo averlo fatto nel momento, tremendo, della scomparsa prematura di Pietro, nei prossimi giorni. Sarà dura ritornare in azienda sapendo che lui non sarà più là, sarà veramente difficile, ma, penso di interpretare un sentimento comune, dicendo che siamo pronti a stringerci intorno a Giovanni per far sì che Ferrero continui a crescere e prosperare, con la speranza che egli possa seguire le orme del padre, imprenditoriali, ma soprattutto umane.
Da giornalista, resta il rammarico di non essere mai riuscito a intervistarlo, da uomo vorrei comunque dirgli che è stato un onore aver lavorato alle sue dipendenze.
Grazie Michele!

Marcello Pasquero

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