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Riforma della scuola: i supplenti rischiano di sparire

Propaganda e follia riformatrice ai tempi di Renzi. Come distruggeranno la scuola pubblica

Nel più ampio contesto del programma di riforme dell’attuale governo, Matteo Renzi si è presentato come colui che restituirà efficienza ed eccellenza alla scuola italiana, avviando una campagna promozionale le cui parole d’ordine sono state piano di assunzioni, eliminazione del precariato, taglio degli sprechi, meritocrazia, formazione continua, trasparenza. Obiettivi eccellenti e però, di fatto, non corrispondenti al contenuto e agli scopi reali della riforma che il premier intende fare approvare a fine febbraio. Da ciò le forti obiezioni mosse al piano d’intervento pubblicato dal Governo con il titolo “La buona scuola”, i cui contenuti sostanzieranno la riforma. Nonostante i tentativi di censura, tali obiezioni hanno fatto emergere le gravi conseguenze che la riforma comporterebbe sul piano occupazionale, delle risorse intellettuali e del diritto all’istruzione. Infatti, a fronte dei 150.000 docenti che il Governo dichiara di volere assumere – costretto a farlo dalle recenti direttive europee – saranno eliminati dalla scuola pubblica circa 300.000 insegnanti, formati dall’Università Italiana, che attualmente svolgono il ruolo di supplenti in base ai requisiti richiesti dal Ministero della Pubblica Istruzione. Costoro, a partire dal prossimo settembre, saranno privati del sostentamento economico e del proprio ruolo sociale, ufficialmente perché sprovvisti di un costoso e infondato titolo abilitante, di fatto perché il Governo intende operare una drastica riduzione del personale scolastico, mediante la riassegnazione delle supplenze ai 150.000 neoassunti. Questi ultimi, anziché insegnare la propria disciplina, svolgeranno il ruolo di “tappabuchi”, inseriti all’interno del cosiddetto “organico funzionale”. Per gli allievi la principale conseguenza sarà la perdita dei contenuti delle ore supplite, a discapito della continuità e della qualità della formazione. A tutto il personale docente assunto saranno richiesti un incremento delle ore lavorative, a titolo gratuito, e la mobilità su una rete di scuole. Inoltre, occorrerà acquisire punteggio mediante lo svolgimento di “attività extracurriculari e di formazione” non meglio definite, sia per ottenere scatti stipendiali, sia per essere “selezionati” dai presidi manager, che avranno il potere di formare il proprio team di docenti, basandosi su nebbiosi criteri di merito e di trasparenza. Come un insegnante possa occuparsi della preparazione dei discenti mentre è sottoposto a un aumento dell’orario lavorativo, al continuo cambiamento della sede di lavoro, ad assurdi obiettivi di carriera, rimane un mistero che spetterà al premier chiarire. Dulcis in fundo, le supplenze brevi residue, non coperte dall’organico funzionale, saranno affidate ai docenti abilitati esclusi dal piano di assunzioni, che lavorerebbero in modo discontinuo – mentre oggi ricoprono supplenze annuali – in attesa di risultare vincitori dei futuri concorsi. Costoro risulteranno doppiamente beffati, perché oltre a essersi laureati per svolgere una professione svalutata e sottopagata, hanno conseguito a caro prezzo un titolo abilitante “inventato” per rimpinguare le casse delle università, che dovrebbe garantire loro l’assunzione, anziché porli in una situazione peggiore di quella attuale.

Quanto una riforma così concepita abbia a che fare con la missione educativa del docente, e come intenda erogare formazione di qualità, è irrilevante in un’azione di governo finalizzata unicamente a operare tagli laddove è possibile farlo senza toccare i privilegi delle lobby; i cui rampolli continueranno a frequentare costose ed elitarie scuole private, finanziate da quello stesso Stato che non possiede risorse sufficienti per garantire il diritto all’istruzione pubblica. Del resto è molto più semplice, e sicuro, governare un popolo che non possieda i mezzi culturali necessari per opporsi a un tale stato di cose.

 MOVIMENTO DOCENTI PRECARI DI III FASCIA (NO ALLA CANCELLAZIONE)

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