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Intervista a Raphael Gualazzi, il 2 agosto a Monfortinjazz

RAPHAEL+GUALAZZI_SANREMO8INTERVISTA. Il concerto del nuovo maestro del jazz italiano chiude, domenica 2 agosto, Monfortinjazz.
Secondo i giornali di Francia, Paese in cui è un idolo, possiede la raffinatezza di Paolo Conte e l’esplosività di Jamie Cullum. Lui si sente Raphael Gualazzi, un artista raffinato, quello sì, molto raffinato. Un musicista con la faccia da bravo ragazzo che ha saputo stregare persino sir Bob Cornelius Rifo, alias The Bloody Beetroots, con cui si è esibito a Sanremo 2015.

Poche settimane prima del Festival Gualazzi aveva concesso un’intervista a Gazzetta d’Alba, ora torna a raccontarsi per annunciare la propria presenza a Monfortinjazz, che si chiuderà domenica 2 agosto alle 21.30 con l’esibizione dell’artista marchigiano.
Fra pochi giorni sara all’auditorium Horszowski in cui si sono esibiti mostri sacri del jazz.
«Ovviamente conoscevo Monfortinjazz anche se non avevo mai avuto l’occasione di andarci. Sono contento di cominciare nelle Langhe un agosto che poi mi porterà in Toscana e si concluderà nel teatro antico di Taormina».

Cosa devono aspettarsi gli spettatori del festival?
«Il Jazz me up tour ha una setlist che spazia da rivisitazioni di brani soul, ragtime, pop e swing. Brani di mostri sacri come Bessie Smith, Bill Withers, M. Sullivan, Bud Powell e tanti altri, alternati con pezzi di mia composizione».
Come procede il tour?
«Molto bene. Al momento abbiamo ancora in programma alcune date in Italia e all’estero, partendo dalla Svizzera, in attesa del nuovo album…»
Ci stai già lavorando?
«Sì, sono tutto sul nuovo album ora, alcuni brani sono già pronti, altri stanno nascendo».
Pensi di tornare a Sanremo o è un’esperienza che per un po’ di anni vuoi lasciare da parte?
«Sanremo credo sia una magnifica opportunità per raccontare le proprie canzoni al grande pubblico e magari, perché no, parlare anche di jazz. Se avrò delle belle canzoni e le condizioni per esserci in futuro, la mia partecipazione non è esclusa come ipotesi».
Si dice sempre che il pubblico straniero, sia esso francese, tedesco o del nord Europa, sia più educato alla cultura e al bello rispetto a quello italiano. Tu che sei molto amato all’estero pensi che sia vero?
«Il fatto che l’educazione musicale e artistica e la valorizzazione del grande patrimonio culturale che possediamo non siano il nostro forte è abbastanza evidente. Tuttavia i governanti, ma anche gli stessi abitanti di uno Stato possono da piccole realtà provinciali attuare un’opera di sensibilizzazione per portare altre persone verso il bello riscoprendo le tradizioni musicali che ci hanno resi quello che siamo e gli infiniti angoli di arte e di storia che costellano il nostro Paese».
Sei conosciuto come un ragazzo gentile, educato, semplice, un artigiano della musica che dedica gran parte del proprio tempo alla cura dei concerti e al rapporto con i fan. Vorresti avere un’immagine più da rock star o è proprio questo il vero Raphael Gualazzi?
«Credo che la musica debba essere protagonista sempre. È lei la vera rock star. Noi artigiani la lavoriamo umilmente e diamo tutto quello che abbiamo per raccontarla sul palco o in studio. Lavorare con la propria sensibilità è una grande fortuna che va coltivata giorno per giorno» .
Marcello Pasquero

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