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Stragi, le ferite aperte dell’Italia

INTERVISTA Ad Alba Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime delle stragi
Sono le 10.12 del 28 maggio 1974, nel cuore degli anni di piombo, e a Brescia, in piazza della Loggia, durante una manifestazione antifascista, scoppia una bomba che uccide otto persone e ne ferisce più di 100. Tra i presenti Manlio Milani e la moglie, che perde la vita. Milani, oggi presidente dell’Associazione vittime del terrorismo, sarà ad Alba, grazie all’Associazione nazionale partigiani d’Italia in collaborazione con l’associazione culturale La torre, giovedì 28 gennaio alle 21 nella sala della Resistenza e venerdì 29 gennaio alle 10 in sala Ordet per incontrare i ragazzi delle scuole superiori. A parlare con lui del tema La notte della Repubblica. Il terrorismo in Italia negli anni di piombo, Andrea Vigani, difensore delle parti civili nel procedimento contro i responsabili della strage di Brescia.

Manlio Milani, essere in piazza della Loggia quella mattina non fu un caso, ma una scelta che ha condizionato per sempre la sua vita.
«Ho scelto, nella mia vita, l’antifascismo, per questa ragione, quella mattina, ero in piazza della Loggia, avevo il dovere di esserci. Ho scelto di dire di no alla violenza e sì ai valori costituzionali. Ho camminato dentro la storia e continuo a farlo».

Che cosa ha significato per lei tornare in aula, quarant’anni dopo piazza della Loggia, e assistere alla condanna all’ergastolo di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte?
«Indubbiamente è stato un momento importante. Non condivido l’idea dell’ergastolo, elimina la possibilità di tornare cittadino. La sentenza ha dato un volto al colpevole, questo ha una grande rilevanza a livello storico. Il fatto non è più cancellabile, è inciso nella storia per sempre. La democrazia ha così dimostrato la sua vitalità».

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La verità, che per la strage di piazza della Loggia è emersa, è ancora lontana per quanto riguarda le altre stragi che hanno caratterizzato gli anni di piombo? «La strage di piazza della Loggia getta molta luce sulle altre stragi. Oggi è chiaro che alla base degli anni di piombo vi era un progetto aggressivo portato avanti da un gruppo operativo della destra, Ordine nuovo, e lo dimostrano, tra le altre, le note responsabilità nelle stragi di piazza della Loggia e piazza Fontana di Carlo Digilio. Evidenti sono anche i legami con lo Stato centrale, tra cui alcuni generali. La verità potrà emergere chiaramente quando la storia non sarà più utilizzata a livello politico».
Le ferite che le stragi hanno inferto all’Italia e alla democrazia possono essere considerate rimarginate?
«Le ferite sono ancora aperte. L’Italia non ha ancora elaborato la propria storia. Si ragiona esclusivamente, e purtroppo, ancora per contrapposizioni, una parte contro l’altra, continuando a produrre rancore. Le ferite si rimargineranno quando prenderà vita, e sarà riconosciuta, una vera memoria pubblica».
Manuela Anfosso

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