ALBA Nel settore tartufi, non tutti hanno gioito dopo la notizia dell’emendamento introdotto dal Governo al disegno di legge per portare l’Iva sulla compravendita al 10 per cento e quindi per avvicinare la tassazione a quella in vigore in molti altri Paesi europei, visto che in Italia l’aliquota è fissata al 22 per cento con situazioni in cui viene anche applicata due volte a carico degli stessi commercianti. La novità, sostenuta in particolare dal parlamentare europeo Alberto Cirio e dal viceministro Andrea Olivero, migliora sì la situazione, ma apre altri scenari problematici come hanno evidenziato diverse associazioni nazionali come Assotartufi, TartufOk, Tuberass e Fita.
In una nota congiunta diffusa dall’Ansa le associazioni hanno scritto che «alle sollecitazioni dell’Ue e al rischio per il nostro Paese di vedersi avviata una procedura di infrazione, il Governo risponde con un provvedimento inadeguato e preoccupante per i destini dell’intero settore» in cui «è prevalsa la vecchia logica di privilegiare gli interessi dei raccoglitori rispetto alla necessità di favorire lo sviluppo di una filiera strutturata e moderna».
«Il provvedimento», si legge ancora nella nota, «continuando a escludere il tartufo italiano dall’elenco dei prodotti agricoli lo condanna a una sempre più marcata marginalità rispetto ai tartufi d’Oltralpe: spinge le nostre aziende a comprare il tartufo straniero (dove è possibile acquistarlo con i relativi documenti fiscali e di tracciabilità), negando alle imprese italiane la possibilità di accedere alle agevolazioni previste dai fondi comunitari».
Spiega l’avvocato albese Roberto Ponzio che aveva curato la petizione presentata da Cirio a Bruxelles per chiedere la revisione dell’Iva: «L’emendamento va corretto perché così rischia di peggiorare lo stato dell’arte e ritornare a favorire il commercio sommerso. È vero che abbassa l’aliquota dal 22 al 10 per cento, ma non inserisce il tartufo tra i prodotti agricoli. Il 10 per cento è sempre il doppio dell’aliquota applicata in molti altri Paesi europei dove è fissata tra il 4,5 e 5 per cento. L’emendamento inoltre comporta l’abrogazione di un comma che prevede le autofatture in anonimato. Il commerciante di tartufi non potrà più ricorrere ad autofatture anonime e bisognerà individuare i trifolao (a carico dei quali spetterà pagare l’Iva, ndr). Per i commercianti sarà più difficile approvvigionarsi di prodotto fresco e locale. Serve un emendamento più specifico per le caratteristiche del settore».
Secondo alcuni sodalizi sarebbe anche indispensabile ripristinare una franchigia minima, almeno intorno agli 8mila euro, come soglia per la fatturazione e semplificare le procedure.
Erica Asselle
Enrico Fonte