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Incantastorie con la chitarra

INTERVISTA Tre giovani musicisti e il loro primo album, autoprodotto
Omnia metamorphosis è il titolo di un album autoprodotto dalle sonorità pop, con prevalenza di chitarre. Le vocalità richiamano in memoria celebrità cantautoriali femminili, ma con un timbro originale. Gli Incantastorie (già B-Lato) è il trio composto da Livio Filipazzi, Elisabetta Bernocco ed Enrico Temistocle, tre ragazzi albesi sotto i 24 anni. Si ascoltano note ironiche e sottilmente provocatorie nei testi di In amore vale tutto, mentre in Regina di carte le armonie si fanno più malinconiche, in qualche modo emotive e pare d’ascoltare, appunto, un cantastorie.
Il gruppo sembra spaziare nella complessità delle emozioni replicandole in intersezioni di arpeggi, legando note in modo incalzante, entusiasta ed equilibrato. Nel complesso, si gioca con la musica.

Incantastorie
Quali sono i messaggi che volete trasmettere con il disco, Elisabetta?
«Omnia metamorphosis prende spunto da un’idea, che è un po’ un’ambizione di non fare mai le stesse cose, di pescare dal cappello oltre allo standard del coniglio bianco, anche frutti esotici, contesti fiabeschi, beat beatlesiani, tutto in chiave pop istrionica: direbbe Enrico, autore di buona parte delle musiche del disco. La trasformazione che indossa il disco è dovuta anche alle diversità di scritture sia in termini cronologici che in termini personali. Alcune sono state scritte a quattro mani e per me è stata una piacevole novità. Tentiamo di fare un po’ quello che ci pare, partendo da quello che ci piace: in questo senso il disco è ricco e in grado di soddisfare il gusto bizzarro che ognuno di noi ha».
Come descriveresti il tuo rapporto con la musica?
«Non ho ancora deciso se può essere definito un dono o una maledizione: scrivere talvolta è leggerezza, talvolta è esigenza. L’energia, che serve per tentare di dare forma al caos, è motivante e sfibrante allo stesso tempo. La mia scarsa conoscenza tecnica della musica (suono male un po’ di tutto) mi permette un rapporto più primitivo con gli strumenti, più intenso ma meno artefatto. Necessito quasi sempre dei miei due compari (Livio ed Enrico) per vestire i brani, e renderli più ricchi e comunicativi».
Matteo Viberti

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