Collisioni tra gli esperti del progetto vino

Collisioni tra gli esperti del progetto vino

BAROLO La mattina del 14 luglio di fronte al castello di Barolo c’è un palcoscenico. Sopra, un uomo ride e indica uno per uno i componenti della piccola folla che si è creata ai suoi piedi. Nessuno parla italiano. Ci sono brasiliani, cinesi, australiani, americani, giapponesi. Sono i giornalisti,
i sommelier e gli importatori di vino più conosciuti. Tutti amici dell’uomo sul palco: Ian d’Agata, esperto che ha radunato un piccolo esercito per Collisioni. È il Progetto vino. Ma la scena sembra racchiudere un interesse crescente, il potenziale attrattivo del vitigno Nebbiolo. Nel corso delle degustazioni e dei seminari organizzati dai consorzi di tutela, d’Agata sollecita osservazioni su come cambino le percezioni dei consumatori, i mercati, le culture. «L’Arneis è pressoché sconosciuto negli Usa, ma soltanto perché il Gavi è più famoso e ha un nome più facile da pronunciare», spiega una sommelier di New York. E un ristoratore californiano: «Il Barbera, quando viene spiegato, è apprezzato. Altrimenti il consumatore tende a ignorarlo». Aggiunge una giornalista cinese: «Mentre i rossi piemontesi sono in ascesa, i bianchi sono quasi sconosciuti. Vogliamo potenziare il mercato, ma per farlo è necessario raccontare, educare, comunicare». Emergono varietà più marginali, come il Gattinara
o il Pelaverga. I piccoli avanzano; Barolo e Barbaresco mantengono la propria egemonia. Nel paragone col mercato francese, irraggiungibile,
il Piemonte sembra guadagnare punti.
«L’Italia sta recuperando reputazione», dice un sommelier australiano. «Il futuro? Secondo me, i vini toscani, veneti e piemontesi subiranno impennate di valore».
E mentre tra il pubblico si commenta la notizia della cessione di Vietti a un magnate americano, l’odore nell’aria è quello di una storia di successo: scordare l’umiltà su cui è stata fondata sarà il rischio da scongiurare.

m.v.

Banner Gazzetta d'Alba