Maggi (Ires): i cuneesi non si fidano di banche e politica

Cuneesi fiduciosi sulla ripresa, ma preoccupati per il futuro
Maurizio Maggi, ricercatore dell'Ires

INTERVISTA Maurizio Maggi è il ricercatore di Ires Piemonte che ha curato la parte dell’indagine relativa al clima d’opinione.

Qual è lo stato emotivo della regione, e più in particolare della provincia cuneese?

«Il Piemonte, così come Cuneo, esita in uno stato che definirei di attesa. Dopo la disillusione provocata dalla recessione e dalle difficoltà negli ultimi dieci anni, da un lato registriamo un incremento della percezione positiva della situazione economica generale, così come della soddisfazione rispetto al proprio reddito, ma le previsioni per il 2016 su queste due variabili risultano negative. Un paradosso? Non direi. Le persone sono incerte, faticano ad avere fiducia, percepiscono il futuro come pericoloso».

Perché questa disillusione verso il domani?

«Perché gli individui, forse, percepiscono di vivere in un sistema che se non ha funzionato una volta potrebbe non funzionare di nuovo. Si avverte sfiducia verso le autorità politiche, gli istituti di credito e le istituzioni in genere. I quali, nonostante si sforzino a dipingere un quadro ottimistico, si riferiscono a parametri quantitativi in timida crescita, gli stessi che durante la crisi sono precipitati improvvisamente. Insomma, c’è l’impressione che il meccanismo economico e sociale generale sia manchevole e difettoso a livello strutturale. Senza contare che, anche se i parametri economici del Piemonte sono in risalita, si tratta comunque di una rimonta debole se paragonata al periodo pre-crisi o ad altre regioni come Veneto e Lombardia».

Cosa accade invece sul fronte del rapporto con gli altri, a livello sociale?

«Da un lato assistiamo a un incremento della fiducia verso il prossimo in genere (ad esempio, la convinzione che se uno sconosciuto trova il mio portafoglio me lo riporterà, risulta in aumento) e verso le autorità come le forze di polizia, dall’altro a una crescente sfiducia verso amici e familiari. Questo può essere interpretato come un segno positivo, in quanto gli individui tendono ad affidarsi esclusivamente a famiglia e amici nei momenti di maggiore crisi. Dall’altro, però, questi “altri” a cui si presta fiducia sono sovente selezionati e scelti, secondo un ragionamento mentale del tipo: “Ho fiducia in te, ma solo se sei simile a me”».

Cosa intende dire?

«Che uno dei parametri più preoccupanti che registriamo sono l’incremento dell’intolleranza e della paura del diverso sia dal punto di vista etnico (gli immigrati) che di genere sessuale (gli omosessuali). In Piemonte come a Cuneo, si assiste a una crescente diffidenza verso ciò che è dissimile, e questo atteggiamento difensivo pare una diretta conseguenza dell’incertezza che si respira a livello internazionale – ad esempio sul fronte dei flussi migratori – e delle generiche difficoltà finanziarie degli ultimi dieci anni». Matteo Viberti

m.v. 

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