Lorenzo ed Enrico al muzieum dove la vista non serve

Lorenzo ed Enrico al muzieum dove la vista non serve 1

CASTAGNITO Merlo e Miglino autori del quadro che sarà esposto da dicembre a Nimega, in Olanda
Un’opera fruibile, visibile da tutti, anche dai non vedenti. Con l’ambizione di creare un valore aggiunto per i vedenti, dotati della percezione “normale”.

Proviamo a spiegarci meglio: il Nijmegen muzieum, che deve la sua particolarità proprio all’esperibilità universale delle proprie opere (il nome muzieum è un gioco di parole tra “museo” e “vedere”), nell’ambito del proprio ampliamento ospiterà il quadro realizzato da due italiani, un artista visivo e uno sviluppatore elettronico. Il primo è Lorenzo Merlo di Castagnito, visual artist dell’arte “diginformale”: forma espressiva che utilizza le tecniche digitali della fotografia e del fotoritocco per elaborare stampe a colori di grande formato, che si contraddistinguono per un forte magnetismo cromatico, per l’espressione di un disorientamento emotivo e la fascinazione quasi esotica nei confronti della quotidiana realtà urbana.

Poi c’è Enrico Miglino, nato a Trofarello, autore poliedrico di sperimentazioni tecnologiche e di narrativa fantascientifica, poeta e scrittore con una singolare predilezione per l’ingegneria elettronica, di cui si è fatto divulgatore. È lui ad aver proposto la realizzazione dell’opera – intitolata Rouge – alla coordinatrice del muzieum, Carlijn Nijhof.

Competenze apparentemente distanti anni luce, quelle di Lorenzo ed Enrico, che hanno dato vita a un quadro (prodotto con il sostegno di alcuni donatori esteri) presto donato al Muzieum di Nimega e visibile, anzi, esperibile, a partire dalla nuova inaugurazione del museo, l’8 dicembre. Spiegare come funzioni il quadro non è cosa facile: unire aspetti visuali e non visuali è presupposto fondamentale. Si è partiti da un quadro di Lorenzo Merlo, un viso di donna, passando attraverso una semplificazione dei tratti per sua scomposizione in pannelli a più profondità, in grado di donare al non vedente il senso della tridimensionalità e al vedente una nuova prospettiva.
Si crea così un elemento di differenza, in cui è l’ambiente ad agire con l’utente, a cui si aggiunge il movimento del quadro stesso, dotato di un sensore che percepisce la posizione di chi “guarda”. Un contributo ulteriore a un museo già di per sé caratterizzato da una sensibilità esemplare verso le inabilità, con un’area buia che mette nelle stesse condizioni la percezione del vedente e del non vedente.

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Lorenzo Merlo, nel descrivere l’opera, ci parla del senso di inadeguatezza che lo ha accompagnato durante la stesura, emozione che purtroppo accomuna l’artista a non vedenti e ipovedenti e che il quadro, al di là del soggetto e delle relative semplificazioni (e complicazioni) formali, tenta di esprimere.
Al di là del risultato ottenuto, si tratta di un esperimento virtuoso, che tenta il salto all’ostacolo con barriere non più architettoniche o fisiche, bensì intellettuali.
Chiara Cavalleris

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