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Nuovi interpreti in Langa: un bene o un problema?

Nuovi interpreti in Langa: un bene o un problema? 1

L’INCHIESTA Le vicende che negli ultimi tempi hanno portato alla ribalta i vini di Langa, con particolare riferimento al Barolo, come oggetto del desiderio di investitori di tutto il mondo hanno creato un dibattito, non solo tra gli addetti ai lavori, che rischia spesso di sfumare nell’esibizione di opinioni personali, senza seri elementi di valutazione.

Se le transazioni avvengono nel settore, nulla da eccepire. Le novità sono solo il risultato di aziende che macinano successi e di altre che, invece, sono al capolinea. Se a esercitare l’acquisto è sempre un imprenditore vitivinicolo ma che arriva da fuori, i dubbi crescono, ma alla fine il progetto è condiviso perché sottolinea i nostri prodotti.

Nuovi interpreti in Langa: un bene o un problema?

Il dibattito assume toni accesi quando l’acquisto è opera di imprenditori esterni al settore e, ancor più grave, esterni al territorio. Non tutti quelli che sentenziano negativamente si ricordano del cattivo servizio che ai nostri vini tra gli anni Sessanta e Settanta hanno fatto alcune multinazionali del tempo.

Come abbiamo scritto l’estate scorsa a commento della notizia della cessione dell’azienda Vietti, «sarà il tempo a dare la sentenza». Ogni epoca, d’altra parte, ha i suoi movimenti. Se cento anni fa era un’impresa andare da Alba a Torino, oggi è ben più facile prendere un aereo e raggiungere i Paesi al di là degli oceani. Così può essere anche nel mondo vitivinicolo divenuto globale.

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Vendite e acquisizioni si sono sempre verificate, peraltro: altrimenti non avremmo avuto la Cinzano a Santa Vittoria e la Gancia a Canelli.

Ciò che è più importante è che gli investitori, da qualunque luogo arrivino, vengano qui con rispetto e con la voglia di continuare il lavoro fatto da chi li ha preceduti.

In questo senso paiono significative le parole che, a metà luglio, aveva detto a Gazzetta Kyle Krause, l’investitore americano oggi proprietario della Vietti a Castiglion Falletto e – con Campari – della Enrico Serafino a Canale. «Noi portiamo l’entusiasmo dei neofiti e l’attaccamento che abbiamo maturato per questa zona. Volevamo comprare una casa in Italia e quando abbiamo visto queste colline tutto il resto è passato in secondo piano. Anche per questo abbiamo deciso di investire, perché immaginiamo qui il nostro futuro».

g.m.

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