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I valori delle uve sono stabili o in aumento

I valori delle uve sono stabili o in aumento

VITICOLTURA Dopo i fasti di una vendemmia che ha portato in cantina uve di gran qualità per farne vini di valore, nella filiera vitivinicola c’è un po’ di maretta dovuta a questioni prettamente economiche. Sembra di essere tornati al tempo dei mercuriali, quando le quotazioni definite non trovavano mai il consenso generale. Adesso a creare dibattito è invece una questione di principio, che vede le organizzazioni dei viticoltori e quelle dei vinificatori su posizioni distinte.

I valori delle uve sono stabili o in aumento 1

Proviamo a fare un po’ di ordine e a ripercorrere la sequenza dei fatti. Dal 2011 non si opera più in seno alla Consulta vitivinicola della Camera di commercio di Cuneo per definire i prezzi delle uve. Ci sono stati vari tentativi per dare vita a un progetto più moderno, ma le soluzioni prospettate non hanno trovato i necessari consensi. A partire dal 2012, per non lasciare la piazza sguarnita di queste indicazioni di mercato, Coldiretti, Confagricoltura e Cia della provincia di Cuneo hanno creato un tavolo di lavoro, provando a definire i prezzi delle uve ai fini dei contratti agrari per il pagamento dei canoni di affitto, facendo leva sull’articolo 45 della legge 203/1982.

Qualche iniziale dubbio. Anche se all’inizio la prassi ha destato qualche perplessità, il settore ha lasciato fare e così quelli che dovevano essere prezzi utili solo per definire i canoni d’affitto si sono tradotti in vere e proprie informazioni anche per le quotazioni delle uve nel periodo vendemmiale. Il meccanismo si è ripetuto anche quest’anno e così, nei giorni scorsi, le tre organizzazioni agricole provinciali hanno diramato i valori indicativi (non prezzi), che non derivano da un confronto tra le parti, ma sono frutto di un tavolo rappresentativo solo della componente agricola. La reazione dei vinificatori non si è fatta attendere. In un documento firmato da Paolo Sartirano, presidente della sezione vini dell’Unione industriale di Cuneo, la rappresentanza delle 40 aziende vitivinicole di Confindustria Cuneo (i maggiori acquirenti di uve nell’ambito provinciale), ha dichiarato che «non terranno conto di questi valori nella chiusura dei contratti, ma faranno riferimento agli accordi presi con i loro fornitori storici prima della vendemmia».

Prosegue il documento: «I valori diffusi dalle organizzazioni agricole non sono reali, in quanto non corrispondono ai prezzi che le aziende vitivinicole associate a Confindustria Cuneo hanno concordato con i loro fornitori». Il documento contiene anche un atto di accusa verso le organizzazioni agricole, che, nonostante varie sollecitazioni, avrebbero evitato incontri con il resto della filiera «per valutare insieme, alla luce dei dati oggettivi che ognuno avrebbe messo sul tavolo, i valori delle uve per la campagna vendemmiale 2016».

Prezzi stabili o in aumento. Intanto i valori indicativi delle uve destinate alla produzione dei vini Doc e Docg di Langa e Roero in vari casi segnano incrementi rispetto al 2015. Il livello di qualità delle uve lo può suffragare, ma le quantità in genere superiori rispetto all’anno passato potevano essere fattori calmieranti. Senza entrare nel merito del dibattito, ricordiamo le uve e i vini che hanno segnato aumenti di valore rispetto al 2015. Crescono tutti i Nebbiolo: Barolo da 4,15 euro a 4,40 al chilo, Barbaresco da 2,05 a 2,30, Nebbiolo d’Alba da 1,60 a 1,70, Roero da 1,60 a 1,75 e Langhe Nebbiolo da 1,50 a 1,60.

Dopo gli aumenti del 2015, i Dolcetto confermano quelle quotazioni così come le uve per Roero Arneis. Crescono i valori della Barbera d’Alba (da 1,05 a 1,20), mentre nella Doc Langhe regna la stabilità.

Sarebbe interessante valutare questi valori anche alla luce dell’effettiva ampiezza del mercato delle uve. Osservando le cose dall’esterno, sembrerebbe che i volumi in contrattazione siano sempre minori. Se così fosse per davvero, già questa tendenza potrebbe influenzare i valori delle uve oggetto di compravendita.

Giancarlo Montaldo

 

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