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Giovani a rischio di dipendenza dalle moderne tecnologie

L’ultrabanda? Ad Alba non si sa che cosa sia 1

ALBA Se è difficile inquadrare un fenomeno attuale come la dipendenza da tecnologia, ancora più complesso è fornire delle risposte concrete ai dubbi dei genitori.
Giovedì 1° dicembre, in sala Vittorio Riolfo, sono intervenuti esperti ed educatori dell’Asl Cn2 che, insieme a studiosi dell’Università di Torino, hanno affrontato l’argomento da diversi punti di vista. L’incontro, intitolato “Adolescenti oggi… adulti domani”, moderato dalla pediatra e professoressa di cardiochirurgia Giovanna Carina Bergui, è stato organizzato dal Lions club, in collaborazione con il Comune di Alba.
La parola tecnologia, come ha spiegato in apertura l’assessore alle politiche giovanili Anna Chiara Cavallotto, deriva dal greco antico e si presenta come l’incontro tra “tecné” (arte) e “lògos” (parola): «Il problema non è rappresentato dalla tecnologia, una risorsa fondamentale in tutti i campi, ma dall’uso errato che spesso ne fanno le nuove generazioni», ha aggiunto.

La rete può diventare un terreno insidioso

Il primo a intervenire è stato Giuseppe Sacchetto, direttore del Servizio dipendenze patologiche dell’Asl Cn2, che ha paragonato gli adolescenti a moderni cavalieri epici, armati di computer, tablet, play station e smartphone: «Come tutte le armi, possono essere controproducenti per chi le utilizza, così la rete può diventare un terreno insidioso, tra spaccio on-line, cyberbullismo, gioco d’azzardo, adescamento e chat».
La dipendenza da tecnologia non si discosta dalle altre forme di dipendenza, come ha spiegato Sacchetto: «Vengono attivate le stesse aree neurologiche di chi usa sostanze stupefacenti».
«Internet può creare confusione sulla salute, tanto da convincere persone a non curarsi con la medicina tradizionale, anche in presenza di malattie gravi», ha spiegato Attilio Clerico, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asl Cn2.
Giuseppe Masengo, del centro di documentazione Steadycam, attivo nelle scuole del territorio con attività di formazione a misura di adolescente, ha proposto un diverso punto di vista: «Quale ruolo hanno gli adulti rispetto alle nuove tecnologie? I genitori dovrebbero prima di tutto dialogare con i propri figli, non elevarsi al di sopra di loro e, soprattutto, non considerare la rete come un mondo incomprensibile. Nell’affrontare la questione, i genitori dovrebbero tenere presente le tre “A”: autoregolazione e fiducia, alternanza nell’uso del computer e accompagnamento nella crescita».
Sono poi saliti sul palco i tre professori dell’Università di Torino, che hanno proposto un approccio teorico al fenomeno. Secondo Fassino, del Dipartimento di neuroscienze, ha sottolineato la corresponsabilità di famiglia, società e carattere, ponendo l’attenzione sul ruolo del genitori, che trasmettono ai figli messaggi indiretti, ma dagli elevati rischi. La parola è poi passata a Mario Demarchi, del Dipartimento di scienze cliniche e biologiche, che ha presentato un approfondimento sulla genetica e sulla genitorialità.
Infine Federico Amianto, professore associato di psichiatria, ha parlato dello sviluppo di psicopatologie derivanti da una dipendenza da tecnologia, con la necessità di elaborare strumenti di aiuto: «Abbiamo elaborato un programma pensato per i ragazzi dai 12 ai 14 anni che, con il linguaggio tecnologico, possa attivare un dialogo con chi lo utilizzerà e recepire i sintomi di un disagio».
La conclusione della serata è stata affidata a Marina Patrini, direttore del Servizio di neuropsichiatria dell’Asl Cn2: «Bambini e adolescenti hanno bisogno di acquisire fiducia in loro stessi. I genitori devono accompagnare i figli senza creare dipendenza».
Francesca Pinaffo

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