Ultime notizie

Cavaglion racconta la lunga storia degli ebrei in Piemonte

Cavaglion racconta la lunga storia degli ebrei in Piemonte

INTERVISTA
Alberto Cavaglion sarà ad Alba giovedì con l’ultimo saggio
Fatti storici e tradizioni, attraverso le biografie e le vicende personali dei loro protagonisti. Così Alberto Cavaglion, docente all’Università di Firenze, ripercorre la presenza ebraica con il volume Gli ebrei in Piemonte, edito l’anno scorso da Impressioni grafiche, a cura di Amicizia ebraico-cristiana Torino. Lo studioso originario di Cuneo sarà presente – giovedì 19 gennaio alle 18 – alla libreria La torre di Alba.

Nel corso della serata sarà proiettato Senza nulla chiedere. Una storia di resistenza senza armi, documentario di Bruno Vallepiano e Carlo Turco dedicato alla rete di solidarietà umana nata spontaneamente in Piemonte, come reazione alle leggi razziali del ’38 e alla persecuzione degli ebrei. Così si scopre, tra le altre, la vicenda di Marco Levi, nascosto per diciotto mesi dalle famiglie di Michelino Roà e delle sorelle Castagnino. La shoah e la storia di una comunità integrata nel territorio, quella che Alberto Cavaglion ricostruisce.

Cavaglion, come è riuscito a sintetizzare la storia degli ebrei piemontesi?

«Ho voluto realizzare un testo divulgativo, adatto a ogni lettore. Sono partito da una serie di lezioni risalenti a una decina di anni fa, integrate e rielaborate in forma letteraria. Il volume ricostruisce la presenza ebraica nella nostra regione, dal ’400 all’epoca odierna – focalizzandomi in particolare sul 1800 e sul 1900 – senza la pretesa di essere esaustivo: sarebbe impossibile in uno spazio così ristretto. Ho scelto, a tal proposito, di unire le principali vicende storiche subalpine con episodi e profili di personaggi. Per completare il quadro, sono presenti numerosi contributi iconografici».

Può farci qualche esempio?

«Pochi sanno che le famiglie ebraiche della zona, fino a metà degli anni ’30, parlavano un dialetto molto particolare, frutto dell’unione tra yiddish e piemontese stretto. Primo Levi, interessato all’argomento, decise di redigere un glossario dattiloscritto, che propongo per la prima volta nel mio libro. Tra i personaggi, si passa dallo storico Arnoldo Momigliano alla vicenda di Isacco Artom, segretario particolare di Cavour, che lo giudicò sempre e solo per il suo operato, al di là dell’appartenenza religiosa, difendendolo a spada tratta di fronte ai suoi detrattori. Ci sono poi episodi interessanti, come il fatto che il mercato di Cuneo venne spostato dal sabato al martedì, come segno di rispetto al giorno di festa ebraico».

Si trattava, quindi, di una comunità ben integrata?

«Diffusa e integrata, dal punto di vista sociale e lavorativo. In particolare nella zona tra Mondovì, Ceva e Cuneo – Alba e Bra in forma minore – erano numerose le comunità ebraiche, con la loro piccola sinagoga. Altri importanti centri furono Casale Monferrato e Asti, dove vivevano famiglie molto benestanti. Originariamente gli ebrei piemontesi erano dediti soprattutto al commercio e spesso li troviamo nelle Amministrazioni pubbliche. In seguito alla liberalizzazione, ebbero accesso a tutte le professioni, con un’apertura sociale maggiore e un grande impegno in campo filantropico. Si tratta di una presenza molto importante, che merita di essere compresa a pieno nella sua evoluzione».

Francesca Pinaffo

Banner Gazzetta d'Alba