Come si vive a Londra al tempo del terrorismo: la storia di un’albese

LONDRA Come si vive in una grande capitale europea, con il terrore dell’ennesimo attentato terroristico? In soli tre mesi, sono stati tre gli attacchi a Londra: sul ponte di Westminster il 22 marzo, nella zona del London bridge il 3 giugno e il 19 giugno contro la folla di fedeli musulmani in preghiera, vicino alla moschea di Finsbury park. E in Gran Bretagna si aggiunge la tragedia di Manchester il 22 maggio, durante il concerto di Ariana Grande. Nell’ultima settimana, poi, gli attentati sventati a Parigi e Bruxelles. Uno stato di tensione percepito tanto da chi ogni giorno esce, vive e conduce la propria esistenza nelle città a rischio, tanto dai suoi famigliari, soprattutto se vivono a chilometri e chilometri di distanza. È il caso dei genitori dei tanti giovani italiani che hanno deciso di trasferirsi in pianta stabile nella capitale inglese, capace da sempre di valorizzare i talenti e di offrire grandi opportunità in ambito lavorativo. Conosciamo M., professoressa in pensione albese, la cui figlia vive a Londra insieme alla famiglia.Bozza automatica 83

Da quando sua figlia vive a Londra?

«Dopo essersi laureata in comunicazioni internazionali e poi in lingue, ha viaggiato in molti Paesi del mondo per lavoro. In Italia aveva già un’ottima posizione, ma per seguire gli impegni professionali del marito, quattro anni fa si è trasferita a Londra. Nel frattempo, mi hanno resa due volte nonna. Grazie alla sua preparazione, oggi mia figlia lavora nel campo della finanza: il suo ufficio si trova nel cuore della City, zona centralissima. Come si sa, se una persona ha le carte giuste da giocarsi, la capitale inglese può offrire tanto, basti pensare a stipendi e servizi nettamente superiori rispetto a qui. Dall’altro lato, però, c’è la freddezza proverbiale degli inglesi e uno stile di vita stressante, dove è il lavoro a fare da padrone».

Dopo gli episodi drammatici degli ultimi tre mesi, come si vive sapendo i propri cari a Londra?

«Conosco bene la sensazione di trovarsi di fronte alla televisione, sentire le notizie dell’ennesimo attacco e dubitare della loro sicurezza. Ho imparato come comportarmi per non sprofondare nel panico. Anziché iniziare a cercare tutto il possibile su Internet e bersagliare mia figlia con valanghe di telefonate, le invio un semplice messaggio: “Come state?”. Quando ricevo la risposta e sento che tutta la famiglia è al sicuro, posso tirare un respiro di sollievo. E poi ero a Londra durante l’attentato sul London bridge».

Quali sono le sensazioni in quei momenti drammatici?

«Sono passata sul ponte il giorno prima, con il più piccolo dei miei nipoti. Si trova molto vicino al luogo in cui lavora mia figlia, che ci ha raggiunti in pausa pranzo. Fortunatamente, il giorno dell’attentato ci trovavamo tutti a casa. Ho cercato subito di mettermi in contatto con un ragazzo che vive a Londra, figlio di una mia amica, in modo da dare notizie ai genitori e anche lui era al sicuro. È terribile vedere quelle immagini e rendersi conto che anche noi potevamo essere tra le vittime: l’aspetto che più sconvolge è l’impotenza di fronte a un male incontrollabile. Ma anche le dinamiche imprevedibili, sebbene continuino a ripeterci che tutti gli attentatori erano già schedati: come è possibile arrivare a tanto, allora?».

E come stanno vivendo questi mesi sua figlia e la sua famiglia?

«La situazione sta diventando davvero insostenibile, soprattutto per il senso di responsabilità che ogni mamma ha nei confronti dei suoi figli. Mia figlia cerca di trasmettere ai suoi bambini tranquillità, ma anche loro percepiscono questo clima teso. Se inizialmente i media inglesi cercavano di non gettare il panico tra le persone, evitando una comunicazione troppo martellante, dopo gli ultimi episodi l’atteggiamento è cambiato ed è impossibile non sentire parlare di terrorismo. Quando vengono a trovarmi ad Alba, possono tirare un respiro di sollievo e vivere qualche giorno in un ambiente sereno».

Si può convivere con la paura?

«Si deve: non è giusto rinunciare alla propria libertà e a ciò che si è riusciti a costruire. Anche di fronte al rischio di attentati, bisogna cercare di controllare il panico e portare avanti la vita di sempre, con forza e intelligenza. Non ha senso spostarsi in metropolitana o camminare in luoghi affollati, con il terrore di una bomba. Ma purtroppo stiamo vivendo tutti le conseguenze di questa situazione, basti pensare al falso allarme di piazza San Carlo a Torino. Certo, da madre non è facile sapere mia figlia e la sua famiglia a Londra, ma spetta a loro ogni decisione sul futuro».

Francesca Pinaffo

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