Scopriamo i vari significati del termine Foȓesté con l’attore Paolo Tibaldi

Paolo Tibaldi ci racconta aneddoti le

ABITARE IL PIEMONTESE

Foȓesté: Straniero, ospite, persona sconosciuta

Quella “r” fricativa, tipica della nostra parlata, merita senz’altro una menzione d’onore: Foȓesté, colui che viene dalla foresta. Parola associata ad esseri umani, la cui percezione muta di decennio in decennio, schiava dei confini; per forza di cose risale a tempi immemori, quando qualcuno giungeva in città dall’esterno, probabilmente sbucando dalla zona boschiva che attorniava il centro abitato, dopo un viaggio chissà quanto lungo.

Un trucchetto per scommettere sulla provenienza piemontese di una persona, diceva il Professor Marengo alle scuole superiori, è di farla contare in italiano da 59 a 70. Se nella scalata dei sessanta, non pronuncerà la fatidica doppia “s”, è molto probabile che l’individuo abbia origini piemontesi: “o ȓ’è nen foȓesté” (non è straniero), avrebbero detto i nostri bisnonni. Ora si battezza così chi viene da lontano, un ospite non-parente in casa propria, chi non parla una lingua comprensibile, qualcuno che non ha le nostre stesse abitudini e chi, insomma, fa un po’ lo gnorri per convenienza.

In un tempo in cui si parla di muri da torcicollo e ponti in caduta libera, è interessante constatare che questa parola abbia assunto una sua dimensione anche in lingua italiana; esempio universale ne è, per esempio, la traduzione del vangelo di Matteo: “ero forestiero e mi avete ospitato”.

Ci fu un tempo in cui i piemontesi stessi furono forestieri, prima ancora della Grande Migrazione di inizio Novecento; lo furono ironicamente addirittura in patria; nella fattispecie durante il Ducato di Savoia. La capitale era Chambery dove, tra l’altro, vi erano i Cortesi: suonatori che allietavano le corti con musiche e canti di buon livello. Quando, nel 1563, la capitale fu spostata a Torino, i menestrelli non erano certamente gli stessi; e così, gli attuali che tentavano di scimmiottare i predecessori, vennero ribattezzati falso-cortesi. Da qui la nomea regionale di doppiogiochista, ormai inquinata e travisata da tempo, di “piemontese? falso e cortese!”.

Paolo Tibaldi

 

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