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Simone Prando: un diario on-line per condividere malattia e cure

Un diario on-line per condividere malattia e cure

BLOG «Vi prego di condividere il più possibile la mia storia, sembra aiutarmi a guarire»: è con questo post che il blog di Simone Prando si affaccia nella mia timeline di Facebook, perché ben 144 persone hanno esaudito la sua richiesta.
Il musicista, classe 1984, ha iniziato da circa un mese a raccontare su simone prando.blogspot.it la sua esperienza con un tumore al cervello. Il titolo in effetti è molto chiaro: “Come sto sopravvivendo al mio tumore cerebrale”.

Come sei arrivato a scoprire la tua malattia?
«Mentre studiavo la partitura di Morte e trasfigurazione di Richard Strauss, ho avuto la mia prima crisi epilettica ed è iniziata una nuova vita. Sono stato ricoverato all’ospedale di Alba, dove mi hanno detto del tumore al cervello, poi io e Giulia ci siamo sposati, mi hanno operato alle Molinette a Torino, da dove sono uscito emiplegico e afasico cioè muto; ho fatto sei settimane di riabilitazione, sei settimane di radioterapia e chemio. Successivamente ho fatto una terapia chemioterapica. A febbraio ho avuto una recidiva e ho dovuto cambiare terapia passando a infusioni venose di un anticorpo che dovrebbe “chiudere” i vasi sanguigni del residuo del tumore, affamandolo».

Qual è il tuo rapporto con la città di Alba?
«Mia moglie è di Alba, e quando è successo il fattaccio eravamo casualmente ad Alba ma vivevamo ancora a Padova; ci siamo dovuti rimanere nonostante non fosse nei piani di essere seguito dall’équipe di Torino. Non avevamo neanche una valigia con noi… Ad Alba ci sono i miei suoceri e ci siamo appoggiati molto a loro. Comunque non è la mia città, non c’è un rapporto con Alba… per ora».

Com’è nata la volontà di raccontare la tua malattia sul blog?
«Nel periodo della radioterapia avevo iniziato a scrivere un diario, che poi è diventato simile a un libro, e vedevo che mi faceva bene e l’ho fatto leggere ai miei amici. Ho deciso di mettermi a nudo solo dopo un anno, saltando le parti più personali, quelle dove parlo dei miei amici e di Giulia, quelle dove mi riapproprio della mia vita riprendendo a studiare, quelle dove sembra che sia un “supereroe”. Non voglio dare questa idea di me: non ho niente da insegnare, questa è la mia storia, nuda e cruda, c’è chi sta molto peggio di me, loro mi hanno insegnato qualcosa. Verbalizzare mi aiuta a passare i tempi più difficili, e farlo con delle orecchie che mi leggono mi diverte».

a.r.

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