Ultime notizie

«In Chiapas riceviamo più di quanto diamo»

«In Chiapas riceviamo più di quanto diamo»

SOLIDARIETÀ «Riceviamo molto più di quello che diamo». È questa la motivazione che spinge alcuni medici e sanitari dell’ospedale San Lazzaro di Alba a recarsi da anni in missioni volontarie in Chiapas, nel cuore della selva messicana. Quella che potrebbe sembrare una frase retorica, in questo caso non lo è, altrimenti non si spiegherebbe come queste iniziative vadano avanti dal 1991. I viaggi sono iniziati per il direttore del servizio di ostetricia e ginecologia Massimo Foglia in Kenya. Con Patrizia Casetta, ostetrica, il rapporto con l’Africa rimane, e a breve dovrebbe trovare la sua conclusione il progetto di un ospedale iniziato in Etiopia nel 2008.

Il rapporto con il Chiapas, uno dei 32 Stati che costituiscono la Repubblica messicana, è nato quasi per caso nel 2004: «Un’amica, sapendo che andavamo in Africa, mi invitò a recarmi in Messico: all’inizio insieme a me c’erano Claudio Zabaldano, infermiere strumentista della sala operatoria del San Lazzaro, e Giancarlo Sebastiani, urologo, che lavorava anche lui qui ad Alba; l’anno successivo si è aggiunta Patrizia Casetta, e dal 2008 l’urologo Pier Paolo Fasolo. Per alcuni anni è venuta con noi anche Gianna Zanetti, anestesista dell’ospedale di Pordenone», spiega Foglia, che abbiamo incontrato insieme a Casetta e Fasolo, quest’ultimo in pensione dal 2012.

Le missioni consistono in un viaggio all’anno – a marzo o aprile – e un impegno di 15-20 giorni all’ospedale San Carlos di Altamirano, paese di circa 8mila abitanti in mezzo alla selva Lacandona. Il nosocomio, aperto dal 2004 e gestito da suore Vincenziane, ha una cinquantina di posti letto e serve un territorio molto vasto, con pazienti che vi si recano in occasione di queste campagne sanitarie, affrontando anche diversi giorni di cammino. Nonostante il riserbo dei sanitari, negli anni gli albesi hanno già sostenuto la struttura donando un respiratore, un’autoclave per sterilizzare, un elettrobisturi, due lettini operatori, lampade scialitiche e altra strumentazione.

All’inizio di settembre, i volontari fonderanno una Onlus che formalizzerà il sodalizio: l’associazione, dicono, sarà dedicata a suor Anita, scomparsa due anni fa, che è stata il motore dell’ospedale messicano, dove i pazienti si sdebitano per gli interventi portando con sé sacchi di caffè, un tacchino, frutti della passione, o, i loro familiari, che lavorano per un po’ nella struttura.

Il nostro incontro si chiude guardando le foto dei viaggi e la nostalgia per l’ospedale San Carlos è palpabile: i tre già pensano alla campagna del prossimo anno.

a.r.

 

Banner Gazzetta d'Alba