Ires commenta un’indagine sul Piemonte: per la cultura il futuro è in salita

Indagine in Piemonte: per la cultura il futu

TORINO «La società piemontese è in trasformazione ormai da diversi anni. Uno dei cambiamenti più profondi riguarda il processo accelerato di innovazione tecnologica, che sta mutando radicalmente il modo in cui produciamo e consumiamo beni e servizi. Il mondo della cultura non fa eccezione. L’estrema diffusione delle nuove tecnologie – in particolare quelle digitali – offre opportunità di sviluppo prima impensabili. Saremo in grado di sfruttarle appieno? Questa è la sfida che dobbiamo affrontare»: Marco Sisti, direttore di Ires Piemonte, a inizio novembre ha commentato i dati che descrivono il mondo della cultura regionale e riferiti al 2016. Un’indagine effettuata dall’Osservatorio culturale del Piemonte che fotografa un contesto in veloce mutamento, con spazi di fragilità e altri di robustezza. Partiamo dall’“inedia” culturale: emerge come il 14,6 per cento dei residenti in Piemonte non abbia preso parte ad alcuna attività culturale: poco più di un intervistato su dieci ha dichiarato di non aver visitato musei, mostre, siti archeologici e monumenti, di non essere mai andato al cinema, a teatro o a un concerto e non aver letto neppure un libro nel corso dell’anno. La fruizione passiva sembra dominare: è il cinema l’attività più scelta – un piemontese su due ha visto almeno un film.

Su tutti gli altri fronti i dati sono critici: i dati sulla partecipazione a mostre e musei (il 37,9 per cento ne ha visitato almeno uno) sono stabili, così come i numeri relativi a monumenti e siti archeologici (il 27,2%). La partecipazione in ambito teatrale si attesta attorno al 19,5 per cento e aumenta rispetto al 2015, mentre diminuisce la partecipazione ai concerti di musica classica, che coinvolge poco più del nove per cento della popolazione, con una perdita di 2,8 punti percentuali rispetto al 2015.

Infine il dato che sembra suggerire una progressiva disaffezione alla pratica attiva, allo sforzo cognitivo ed emotivo: meno di un piemontese su due legge libri o quotidiani.

Il futuro? Pare in salita. I dati disponibili sul cinema in Piemonte nel 2017, riferiti ai primi nove mesi, mostrano segnali negativi, sia nel numero di biglietti venduti (meno 7,7 per cento) sia degli incassi al botteghino (meno 8,9 per cento). Colpiscono anche i dati relativi alle risorse. Innanzitutto la spesa: il complesso delle finanze pubbliche e private destinate al comparto ammonta a poco meno di 245 milioni di euro, con una diminuzione del due per cento rispetto al 2014. Quasi la metà delle risorse è rappresentata dalla spesa dei Comuni (45%), un quarto dai contributi delle fondazioni bancarie (26%), il 17% dalla Regione e poco più dell’11% dallo Stato.

Si profila dunque una sorta di localismo, con parallelo abbandono da parte del Governo in un tempo in cui i beni immateriali e lo sviluppo emotivo delle comunità sono accantonate in nome di una crescita esclusivamente quantitativa. Eppure il popolo delle imprese attive nel settore è elevatissimo: in Piemonte si contano 21.156 aziende nell’ambito della produzione culturale. Questo insieme rappresenta il 4,8 per cento delle imprese registrate in regione e ha generato nel 2016 poco più di cinque miliardi di valore aggiunto, impiegando quasi 81mila persone.

m.v.

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