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Cosa significa il termine Ëmpiura? Scopriamolo con Paolo Tibaldi

Abitare il Piemontese: con Paolo Tibaldi impariamo il significato di "Suagné"

ABITARE IL PIEMONTESE

Ëmpiura: Ripieno, farcitura, contenuto

Nel dirigerci verso il Natale, periodo delicato per il fraintendimento del concetto di “festa”, ecco che la parola di questa settimana mi viene proposta dopo una chiacchierata fatta a Roddi con la cara Mariuccia, che mi sottolinea quanto e perché le piacerebbe veder approfondita la parola ëmpiura o ampiura.

Sti sì o ȓ’è mej carièje che ëmpìje (questi qui è meglio caricarli che riempirli), dicesi di qualcuno che mangia senza fondo, travisando il concetto di nutrimento. In un tempo in cui la forbice sociale diverge sempre più, prende il sopravvento la cibolatria, una sorta di idolatria per il cibo: viene da pensare realmente che non si sia mai mangiato tanto come ora e cucinato altrettanto poco.

Ma l’ëmpiura, la sostanza, il contenuto, a cosa serve? La sua destinazione fondamentale è quella di divenire ripieno per la pasta all’uovo; nella fattispecie i plin, tipologia di agnolotti e “raviole” piemontesi, tipici della zona collinare di Langhe, Roero e Monferrato. Sono chiamati così perché nel procedimento della loro manifattura, oltre alla lavorazione tradizionale con impasto a regola d’arte ed ëmpiure formidabili, ricevono un plin, un vero e proprio pizzicotto all’estremità dell’involucro, per poi essere dichiarati pronti per la cottura e serviti, prevalentemente nei giorni di festa.

L’essere umano piemontese – uomo o donna che sia – si dice che sia un Ingegnere poiché ogni giorno si ingegna su come tirare avanti. Infatti, in tempi di ristrettezze economiche o di troppo cibo avanzato dal pasto precedente, l’ëmpiura, assume diverse identità: da quella più povera ed essenziale, utilizzata durante le “vacche magre”, con ris e coj (riso e cavoli), a quella più sostanziosa, gustosa e prelibata, utilizzata quando “berta fila”, con le più disparate varietà di carni e formaggi.

Ëmpiura, però, possiamo interpretarla anche come metafora, non sempre felice. Quel ripieno, quella pseudo-sostanza che farcisce una serie di attrazioni che ci distolgono dall’essenziale facendo luccicare ben altro, quest’ultimo paradossalmente privo di contenuto. Buone feste!

Paolo Tibaldi

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