Il Barolo secondo Massimo Martinelli

Il Barolo secondo Massimo Martinelli

VINO Centotrentasei pagine in italiano, quasi altrettante in inglese, copertina color Barolo e, sul retro, la riproduzione del dipinto di Pinot Gallizio “La sbornia a Verduno”: questo è in sintesi il libro che Massimo Martinelli ha pubblicato per la terza volta, dedicandolo al Barolo. Il titolo è efficace e suggestivo: Il Barolo come lo sento io. Massimo lo ha voluto per far capire che quella era ed è la sua interpretazione del grande vino, con il minimo di influenze esterne e, soprattutto, senza il bisogno di precisazioni da parte di altri.

Questo libro Martinelli lo ha pubblicato tre volte, sempre rivedendolo e attualizzandolo, nel 1970, nel 1993 e nel 2017. Anche per questo, è un’opera che ha accompagnato la storia più attuale del Barolo, con il focus su tre epoche nevralgiche. Il 1970 era poco dopo l’avvento della Denominazione di origine controllata, quando il Barolo e i produttori avevano ancora vari problemi da risolvere. Il 1993 ha coinciso con l’epoca dell’evoluzione tumultuosa, che in pochi anni ne ha portato il potenziale viticolo dai 1.200 ettari dei primi anni Novanta a superare i 2mila. Infine, il 2017, ovvero l’epoca del prestigio e del valore consolidati.

Il libro ha ripercorso in questa edizione tutto lo sviluppo che il Barolo ha affrontato per arrivare ai livelli qualitativi di oggi. «Molte cose sono cambiate in meglio. Già il fatto che i produttori siano cresciuti di numero, che molti abbiamo affiancato a un Barolo di assemblaggio anche una o più Menzioni geografiche aggiuntive, che il mercato abbia toccato mondi fino a qualche anno fa insperati è il segno di una profonda evoluzione positiva», sottolinea Martinelli.

Questo è un libro con profonde radici nella storia, da quella del Settecento e Ottocento a quella di appena 50-60 anni fa. Allo stesso tempo è un’opera che racconta il Barolo nell’attualità, sotto tanti aspetti, compresi quelli tecnici, che non sempre sono presenti nelle opere oggi dedicate al vino. In ogni caso, viene usato un linguaggio semplice, ma con preziosi elementi tecnici e scientifici. La parte più importante e forse più strategica del libro è dedicata al personaggio Barolo, soprattutto nelle fasi di maggiore coinvolgimento per il consumatore di oggi: la degustazione e la sua presenza a tavola con l’abbinamento ai piatti della tradizione e a quelli del mondo. Poi c’è la parte intitolata “Come lo sento io”, dove sono sintetizzate le sensazioni più care all’autore. E ancora, l’intimità del Barolo, il suo mondo territoriale che merita “un pellegrinaggio” e infine il Barolo come verità, sintesi preziosa della terra, del vitigno, del cielo e dell’uomo.

Martinelli afferma: «Ci sono vari modi per scrivere un libro: riflessivo, solitario, isolato, caotico». E alla domanda su quale sia il modo usato per questo libro, la risposta è: «Un po’ tutti». Perché un libro è fatto di tante sfaccettature e gli stati d’animo di chi lo scrive sono molteplici.

Giancarlo Montaldo

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