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Il 14 febbraio 2015 ci lasciava l’imprenditore Michele Ferrero

Il salone di Confindustria Cuneo sarà intitolato a Michele Ferrero
Michele Ferrero, in uno scatto d'archivio.

ALBA Il 14 febbraio 2015 moriva a Montecarlo Michele Ferrero, imprenditore, innovatore, marito e padre per Giovanni che pochi giorni dopo, in una piazza Duomo gremita da migliaia di persone, lo ricordava con parole di stima e affetto.

Oggi l’eredità del papà della Nutella è più che mai viva in una città che vive in simbiosi con lo stabilimento Ferrero dove lavorano oltre 5 mila dipendenti.

LE TESTIMONIANZE DEGLI ALBESI RACCOLTE DA GAZZETTA SUL NUMERO DEL 17 FEBBRAIO 2015

C’è un padre simbolico per ogni comunità. Una figura autorevole e generosa, la rappresentazione della temperanza, della solidità di spirito. A prescindere dalla realtà, le società si nutrono di questi ideali e su di essi fondano la loro identità. Ecco alcune delle testimonianze che abbiamo raccolto.

Il 14 febbraio 2015 moriva Michele Ferrero. Sabato 18 la Messa per il secondo anniversario

 

IL PADRE DI TUTTI NOI
Nell’immaginario profondo «questa figura assume la funzione di un rifugio, di una sicurezza», dice Paola, 83 anni, albese, il giorno dopo la scomparsa di Michele Ferrero. «In qualche modo è stato il padre di tutti noi. Ci ha permesso di crescere, di vedere la città svilupparsi. Qualche volta, quando sono triste, penso a lui. A come reagirebbe al dolore. Ricavo energia, in questo modo».
Non è la sensazione di lutto a dominare le strade di Alba il 15 febbraio. È più una sensazione di incredula sorpresa. Come ci fossero drammi che richiedono tempo per essere riconosciuti.

LUI ERA UNA STORIA

 

Alessandro, 33 anni, è un impiegato Ferrero da quando di anni ne aveva 21. Spiega: «Quando era già molto malato, pochi mesi fa, Michele è venuto a far visita allo stabilimento. Era su una sedia a rotelle e indossava gli occhiali scuri. Faceva fatica. Eppure, ha voluto essere nel luogo dove tutto è cominciato. Tra i macchinari, i suoi prodotti. Per lui gli operai erano famiglia. Ricordo che quando l’ho visto mi sono chiesto: com’è possibile che un uomo abbia potuto realizzare tanto, rimanere negli ideali e nella memoria di migliaia di concittadini? Anche se non ci ho mai parlato, ci ero affezionato. Lui era una storia. Indossava una storia e ci ricordava quanto realizzare i sogni sia assolutamente possibile».

CHE ALBA SAREBBE SENZA FERRERO?

La curiosità che attrae la nostra attenzione è l’assoluta assenza di negatività nei resoconti delle persone. Camminando per strada, parlando con la gente, capiamo che non è l’«idealizzazione» positiva – quella che cancella ogni difetto dal ricordo di una persona defunta –, ma autentica riconoscenza. «Non ho mai lavorato alla Ferrero», spiega Luisa, di 50 anni. «Ma in qualche modo la fabbrica e il suo modo di gestirla hanno permesso che la mia vita si realizzasse, che si sviluppasse. Primo, perché Alba non sarebbe così, senza Ferrero. Non avremmo la vitalità culturale ed economica, gli incontri tra migliaia di persone, sì, anche l’“invidia” del resto d’Italia. Secondo, perché metà della mia famiglia da oltre 30 anni percepisce quattordici stipendi all’anno dalla fabbrica del cioccolato. Non serve dire altro».

 

LO GUIDAVA QUALCOSA
Anche Marco, un 22enne che lavora in un supermercato vicino ad Alba, si allinea: «Sono sempre stato contrario alla filosofia delle multinazionali, all’espansione capitalistica indiscriminata, all’accumulo sfrenato di ricchezza. Ma Michele Ferrero, nonostante risulti uno degli uomini più ricchi al mondo, sembrava guidato da qualcos’altro. Mi è sempre rimasto l’interrogativo sulla natura di questa motivazione».

LA PAURA DELL’ADDIO
Ma anche le paure fanno capolino, ora che il «grande maestro» se n’è andato. «Dicono che la Ferrero verrà spostata in Lussemburgo. La maggior parte della fabbrica, perlomeno», racconta un anziano che abita alla Moretta. «Son solo voci. Ovviamente, speriamo non sia così. Michele era affezionato alla città, gli dispiacerebbe».

LA FABBRICA DEL CIOCCOLATO
L’ultimo pensiero che raccogliamo è quello di Sofia, bambina di sette anni. È la voce a cui dedichiamo uno spazio privilegiato nel nostro libretto di appunti. «Chi era Michele Ferrero?», ci chiede con gli occhi spalancati. Le diciamo che era il proprietario della fabbrica di cioccolato più grande del mondo. Quella che c’è ad Alba. Quella che fa i dolci rotondi con la nocciola in mezzo e la crema da spalmare. «Ah, allora ho capito», dice Sofia. «Io sono sempre felice, quando li mangio. Mica è facile regalare la felicità a un bambino».

LE VOCI DEI COLLABORATORI

 

MARCO
Solo chi ha vissuto e conosciuto Michele Ferrero può capire la grandezza di un personaggio che resterà un simbolo e una guida ancora per molti anni. Per lui non eravamo dipendenti, ma collaboratori, questo la dice lunga sull’umanità di una persona unica, umile, quasi fuori dai tempi, una persona insostituibile per ognuno dei suoi “collaboratori”. In nessun altro luogo del mondo penso si sia creato un legame così forte tra un’azienda e la famiglia che la conduce.
FLAVIO
La scomparsa del signor Michele è una grande perdita per tutta la città, ma soprattutto per noi, che sappiamo tutto ciò che ha fatto per rendere l’azienda un luogo vivibile e umano. Era uno di noi, mi resterà la sua umiltà; è come se se ne fosse andato un familiare.
LEOPOLDA
Sono ancora sconvolta dopo aver appreso la notizia della scomparsa di Michele Ferrero. Ciò che ha fatto nella vita resterà comunque. Lo vedremo ogni giorno nelle sue creazioni, nei prodotti che realizziamo
e realizzeremo seguendo
i suoi insegnamenti.
SILVIO
Non ho mai avuto la fortuna di conoscerlo, ma mi è capitato di incrociarlo
in azienda e di essere salutato con la cordialità e la gentilezza che erano proprie del signor Michele. È una perdita grande per tutti noi, per Alba e per una zona che ha sconfitto la miseria del dopoguerra grazie al genio della famiglia Ferrero
e di Michele in particolare.
CARLO
Per come la vedo io è come se se ne fosse andato uno di noi, un membro della nostra famiglia, sarà difficile tornare in azienda sapendo che lui non c’è più anche se il suo esempio resterà vivo per noi che l’abbiamo conosciuto ancora per molti anni.

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