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L’attenzione al cibo inizia nei campi: un dibattito a Bra

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BRA Quello corrente è l’anno del cibo italiano. Del tema si è parlato sabato 24 febbraio nell’aula magna del liceo Giolitti-Gandino, durante un vivace confronto tra addetti ai lavori, che hanno parlato di cibo, di made in Italy, di turismo e di agricoltura.
Il sindaco Bruna Sibille, salutando gli intervenuti, ha evidenziato come in tutti questi settori sia importante creare sinergia, come territorio, per raggiungere risultati. «Cibo è cultura» è stato il messaggio di Daniele Buttignol, segretario nazionale di Slow Food Italia, che ha spiegato: «Made in Italy non deve essere un marchio fine a sé stesso. Significa territori, persone, cultura, storia, tradizione. Cibo è paesaggio che deve essere tutelato».
Poi Oscar Farinetti, fondatore di Eataly: «Dobbiamo smetterla di parlare del cibo dalla fine. Dobbiamo iniziare dall’agricoltura», indicando anche una via per difendere il made in Italy: «Non serve fare il poliziotto. Dobbiamo andare nel mondo e narrare i nostri prodotti, saranno gli stessi consumatori ad accorgersi della differenza. Nel mondo c’è fame di made in Italy».
Un’opportunità che deve essere raccolta, come raccomanda l’Atl Alba, Bra, Langhe e Roero. Il presidente Luigi Barbero ha sottolineato: «Abbiamo agito come territorio. Prima mettendo insieme tutte le realtà, istituzionali, private, il mondo bancario. Poi costruendo un prodotto turistico. E poi questo abbiamo raccontato al mondo». E l’agire come area ha fatto la differenza. Un esempio citato da Sibille e Barbero: «Siamo uno dei pochissimi territori che ha una tassa di soggiorno uguale per tutti. Non solo: i Comuni hanno rinunciato al 50 per cento degli introiti per destinarli a iniziative collettive di promozione che l’Atl porta avanti».
Le conclusioni sono state affidate a Francesco Palumbo, direttore generale per il turismo del Mibact (Ministero di beni, attività culturali e turismo): «Agricoltura e turismo sono i settori determinanti nell’economia del Paese. Non basta avere cibo buono, eccellenze, ma bisogna comunicarle al mondo e soprattutto agire in squadra, proponendo il “vivere all’italiana” che comprende paesaggio, storia, cultura, territorio e – ovviamente – cibo».

v.m.

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