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L’educazione nel ventennio, giovedì 26 la conferenza di Bruno Maida

Bruno Maida, l’educazione nel ventennio

 

ALBA  Resistenze, il programma stilato dall’assessore alla cultura Fabio Tripaldi che riunisce le iniziative di celebrazione e approfondimento intorno alla Liberazione, per giovedì 26 aprile, alle 20.45, nella sala della Resistenza del Municipio, prevede l’intervento di Bruno Maida. Il tema è tra i meno affrontati dalla storiografia, l’educazione nel ventennio fascista, l’infanzia e i sistemi pedagogici adottati dal regime. Ricercatore del dipartimento di studi storici dell’Università di Torino, Maida è un esperto del tema e ha recentemente pubblicato per Einaudi il saggio L’infanzia nelle guerre del Novecento.

Maida, nel suo intervento affronterà un tema delicato.

«Immaginando un uomo nuovo, la dottrina aveva puntato molto sull’infanzia: sia costruendo un’età evolutiva disciplinata e militarizzata, ma anche espellendo, nel 1938, tutti i bambini ebrei dalle scuole del regno. Il secondo elemento sul quale rifletteremo sono gli strumenti con cui il fascismo costruì una sorta di pedagogia del male. Invase la scuola non solo con gli insegnamenti, ma con oggetti e iconografie: immagini del duce, modo di vestire, costituzione dei Balilla, alte pratiche o simbologie. L’infanzia divenne una gioventù indirizzata al pieno riconoscimento del fascismo e militarizzata. L’assunto di base era: “Si è pienamente cittadini solo in quanto soldati”».

Oggi questo pericolo fatto di intolleranza sembra profilarsi all’orizzonte e propagarsi nelle idee di migliaia di persone, contro ogni pronostico storico.

«Non si tratta solo dell’affermarsi di partiti come Casa Pound o Forza nuova, ma dell’idea che tutti i valori siano sullo stesso piano, come se si potesse inneggiare un pensiero fascista o antifascista in maniera equivalente e indifferente. Non è così. Per scongiurare un simile pericolo di indifferenziazione bisogna capire con quali paure e ignavie, codardie e debolezze, responsabilità e colpe il fascismo si è potuto affermare. C’è bisogno di studiare quello che siamo stati, di storia più che di memoria, per evitare il riaccendersi di determinate condizioni. Un’altra priorità è partire dalla pedagogia basata su valori positivi. Un grande storico torinese diceva che “non bisogna essere intolleranti, ma intransigenti” su alcuni valori fondamentali come quelli della Resistenza e dell’antifascismo. Non utilizziamo il 25 aprile solamente come riconoscimento storico, ma come occasione per riflettere davvero dal punto di vista personale e collettivo».

Matteo Viberti

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