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Non siamo la prima generazione incredula

UN PENSIERO PER DOMENICA – 8 APRILE – SECONDA DI PASQUA

Il cammino di Pasqua, l’itinerario della fede in Gesù risorto comincia dal dubbio, dalla fatica di Tommaso a credere. Dobbiamo essere grati all’apostolo Tommaso e a chi non ha avuto remore prima a raccontare e poi a mettere per iscritto i suoi dubbi di fronte al fatto inaudito della risurrezione (Gv 20,19-31). Grazie a lui e dopo di lui non siamo più “la prima generazione incredula”. Credere è sempre stato difficile e problematico. Per questo ogni anno celebriamo la Pasqua e, consapevoli che la nostra fede ha bisogno di una ripartenza, ci confrontiamo con i credenti della prima ora.

Dalla fede in Gesù alla fede nel Risorto. I discepoli di Gesù hanno dovuto ricominciare a credere. È evidente il salto qualitativo tra l’ammirazione per il Gesù storico e l’adesione convinta al suo programma di vita, oltre che all’accettazione della risurrezione. C’è chi ha usato questa immagine: anche noi, come i discepoli, dobbiamo “smontare e rimontare” la nostra fede, dobbiamo lasciarci alle spalle certezze granitiche, tra cui la presunzione di essere noi a tracciare il cammino, di salvarci da soli con il nostro impegno morale e con una sana condotta di vita. Credere è accogliere il dono di Dio – gratuito e inimmaginabile come la risurrezione – abbandonandoci totalmente a lui.

Non siamo la prima generazione incredula
L’incredulità di san Tommaso, miniatura armena risalente al XIII-XIV secolo (museo di Yerevan).

Ripensare una vita da credenti. Persone come i discepoli, che per mesi avevano accompagnato Gesù nei suoi spostamenti condividendo con lui l’annuncio del Regno futuro, devono ora reimpostare la loro vita. Gli Atti degli apostoli (4,32-35) ci presentano un esperimento concreto: il tentativo di tradurre in scelte di vita la fede nella risurrezione e il precedente messaggio di Gesù.

I credenti della prima ora hanno intuito che credere nella risurrezione è vivere in modo davvero fraterno, con «un cuor solo e un’anima sola», in modo che nessuno «fosse bisognoso». Oggi è necessario tentare altre strade, visto che vendere i propri beni e dividere in parti uguali il ricavato non ha funzionato. Ma senza abbassare l’asticella. Soltanto l’amore fraterno, praticato e vissuto, “vince il mondo”, soltanto esso è davvero credibile.

Il cammino di fede ha bisogno di una comunità. In tutte le letture della Messa si sottolinea il ruolo della comunità, come luogo in cui incontrare il Risorto, in cui ricevere lo Spirito di verità, in cui sperimentare il dono di pace di Gesù, in cui vivere la gioia. In un periodo storico nel quale la fede cristiana non è più condivisa dalla massa, non possiamo che ripartire da qui.

Lidia e Battista Galvagno

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