Regina di cuoi, i racconti braidesi di Giovanni Arpino

Regina di cuoi, i racconti braidesi di Giovanni Arpino
Caterina Brero con Giovanni Arpino

LIBRO Regina di cuoi: la mente vola alla ventina di racconti composti da Giovanni Arpino negli anni Cinquanta. L’autore auspicava che, prima o poi, finissero in volume, desiderio che si realizzò solamente dopo la sua morte, quando l’opera, curata da Cetta Bernardo, finalmente vide la luce.

A circa trent’anni di distanza, al fine di rendere nuovamente disponibile un volume che a suo modo è diventato un classico, almeno per i braidesi, Regina di cuoi torna nelle librerie per i tipi dell’Araba fenice, casa editrice alla quale si deve la ristampa degli Anni del giudizio, che sempre Arpino considerò il suo autentico esordio letterario.

La nuova edizione di Regina di cuoi sarà presentata oggi, sabato 19 maggio, alle 17, nel salone di palazzo Mathis, in piazza Caduti per la libertà. Interverranno Cetta Bernardo, curatrice della prima edizione e del saggio critico che viene riproposto; Fabio Bailo, assessore alla cultura e autore dell’introduzione alla ristampa che focalizza l’attenzione su personaggi e luoghi di Bra che troviamo trasfigurati nei racconti; Tomaso Arpino, figlio dello scrittore. Gabriella Del Treste leggerà alcuni brani.

Nei racconti di Arpino fanno capolino, sia pur di sfuggita, i familiari, in primis il padre, il colonnello Tommaso Arpino, «quell’uomo così alto e solido, il più pulito e sincero e onesto di tutti gli uomini», che avrebbe omaggiato in seguito nel romanzo premio Strega L’ombra delle colline. Accanto a lui l’amatissimo nonno materno, Giovanni Berzia, «l’uovo con due tuorli».
Ma i veri protagonisti sono gli amici di sempre, coloro con cui lo scrittore trascorse gli anni dell’adolescenza braidese, gruppo al quale aveva dedicato Sei stato felice, Giovanni (1952).
Regina di cuoi è Bra. La quasi totalità dei racconti si svolge all’ombra della Zizzola, «in quel paese che è rotolato giù dalla collina come una manciata di biglie». In queste pagine si ritrovano le strade e le piazze ma anche chi le ha vissute dando loro un’anima, sullo sfondo di una città che aveva ritmi più lenti e dove, almeno una volta ogni tanto, «scordata l’avarizia», ci si abbandonava al piacere della trattoria, tutti insieme. Sono la Bra e i braidesi che, grazie alla penna di Arpino, hanno conquistato un’esistenza e una consistenza durature.

l.d.

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