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Non trasformiamo il Mediterraneo da culla a tomba della civiltà

Non trasformiamo il Mediterraneo da culla a tomba della civiltà

L’EDITORIALE DI DON ANTONIO SCIORTINO

Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”. Una massima quanto mai attuale. Negli Stati Uniti, nei giorni scorsi, per giustificare il provvedimento – che definire “disumano”  è il minimo da dire – di separare i bambini migranti dai loro genitori, il ministro della giustizia s’è appellato alla Bibbia. E ha citato san Paolo, che invitava i cristiani a rispettare le leggi dello Stato.

Se fosse vissuto oggi, un altro suo concittadino non avrebbe esitato a ribellarsi all’immoralità di quel provvedimento. E avrebbe ripetuto le stesse parole che scrisse dal carcere di Birmingham, in Alabama, nell’aprile del 1963: “Una legge che degrada la personalità umana è ingiusta… abbiamo la responsabilità morale di disobbedire alle leggi ingiuste”. Era Martin Luther King. Allora si batteva contro la segregazione razziale. In difesa dei diritti civili dei neri d’America. E aveva la stessa convinzione di sant’Agostino: “Una legge ingiusta non è legge”.

Don Antonio Sciortino
Don Antonio Sciortino

Oggi, purtroppo, non sempre c’è consonanza tra i provvedimenti degli Stati e il rispetto della dignità umana. Anzi, la tendenza è a violare le leggi. Anche quelle universali, mai messe in discussione. Come la “legge del mare”. Un vero “codice d’onore” per ogni marinaio. Una legge che obbliga a soccorrere in mare chi è in difficoltà. O sta per annegare. Non può esserci esitazione per timore di sanzioni. Accusati di favorire l’immigrazione clandestina. Allo stesso modo, non si chiudono i porti delle città a bambini e donne incinte. Abbandonandoli, per giorni, in balia delle onde. Né si criminalizzano volontari e soccorritori, come complici degli scafisti. O alleati dei mercanti di “carne umana”. Più di venticinquemila immigrati sono morti nella traversata da una sponda all’altra del Mediterraneo. Quel che un tempo fu il “Mare nostrum”, è oggi il “Mare monstrum”.  Di cui temere. Da “culla delle civiltà” s’è trasformato in “tomba della civiltà”. Dove affogano sogni e speranze di interi popoli.

Prevale, oggi, un nuovo modello d’Europa. A promuoverlo sono i nazionalismi moderni. Quelli  dell’ungherese Orbàn e della francese Marine Le Pen. Modelli e fonti di ispirazione della politica di casa nostra. Un’Europa senza umanità. E poco solidale. Un’Europa fortezza, che alza i muri e chiude le frontiere.  E che delega la solidarietà a poche nazioni, su “base volontaria”. “Non è accettabile”, ha detto il sostituto della Segreteria di Stato vaticano, monsignor Becciu, “che si utilizzino navi cariche di esseri umani per far avanzare posizioni politiche”. Anche se tutti convengono che i migranti non sono un problema solo italiano. Ma dell’Europa intera.

Da tempo, la politica di casa nostra “scherza coi santi”. Più che coi fanti. E in modo provocatorio. Con un “sacro furore”. Chi oggi siede alla vicepresidenza del governo, è passato, senza fare una piega, dall’ampolla del “dio Po” al Dio cristiano. Per esibire, durante un comizio, una copia del Vangelo e una corona del rosario. Senza pudore. Anzi, tirando in ballo pure la Madonnina che, dalla guglia più alta del duomo, sovrasta Milano: “Qualcuno, là in alto, ci sta dando una mano”. Nella stessa occasione, il leader leghista ha detto di sentirsi “molto umilmente coerente col Vangelo… da primo peccatore e da ultimo dei buoni cristiani”. E ha giurato di voler rispettare “gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo”. “Nei comizi si parli di politica”, l’ha ammonito l’arcivescovo di Milano, monsignor  Delpini.

Ma il cristianesimo non è slogan. Non va strumentalizzato. La riprova di tante manipolazioni non s’è fatta attendere. E’ bastato un tweet del cardinale Ravasi, “Ero straniero e non mi avete accolto”, tratto dal vangelo di Matteo, a scatenare una furibonda reazione. I “militanti” governativi, sui social, hanno sommerso Ravasi di insulti e critiche feroci. Stessa sorte per Francesco, qualche tempo dopo. Stava parlando di stranieri e profughi da accogliere. Niente da fare: non ci si frena nemmeno davanti al Papa. Eppure, anche la Santa Famiglia fu profuga in Egitto, per fuggire dalla persecuzione di Erode.

Alla commistione tra politica e religione, in genere, c’è scarsa reazione. Anche nel mondo cattolico. Poche le voci critiche. Tra queste, di recente, s’è levata quella di Pierluigi Castagnetti, già segretario del Partito popolare. “Non ho titoli per giudicare la sua coerenza”, ha detto del leader leghista, “però, quando uno è uomo pubblico e i suoi gesti prevalenti sono pubblici, questi gesti sono giudicabili. E, senza iattanza, dico che i gesti e le parole della Lega, per lo più, non sono cristiani”. Dello stesso tono è la dichiarazione del Consiglio pastorale della diocesi di Milano. Intervenendo  sui migranti e su quanto sta succedendo nel Mediterraneo, in Italia e in Europa, hanno scritto: “Possono i cristiani stare tranquilli e ignorare i drammi che si svolgono sotto i loro occhi? Possono coloro che partecipano alla messa della domenica essere muti e sordi di fronte al dramma di tanti poveri, che sono, per i discepoli del Signore, fratelli e sorelle?”.

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Purtroppo, oggi, è impopolare parlare di immigrati. Non è “politicamente corretto”. Tanto meno rende in voti e consensi elettorali. Gli stessi preti e vescovi sono restii a parlare e a esporsi. E, tra loro, c’è pure chi si lamenta di papa Francesco: parla troppo di stranieri e accoglienza. Sta esagerando. Non è opportuno. Eppure, ricordava don Lorenzo Milani, “Il Vangelo non è accomodante, è urtante”. Lo stesso don Milani che ricordava ai politici ipocriti: “Cercate il Signore quando ve lo dice il calendario”. Come dire, a ogni scadenza elettorale. Altrettanto impopolare è prendere le difese dei nomadi. Anche tanti frequentatori di messe domenicali hanno approvato l’idea governativa di prendere le impronte digitali ai rom. Di censirli per ragioni etniche. L’hanno considerato normale e legale, paragonandolo – addirittura – al censimento di cui parlano i Vangeli. Quello di Cesare Augusto, ai tempi in cui Gesù nacque a Betlem.

Infine, una riflessione sulla complessità dei problemi attuali. Accentuati dalla mistificazione della propaganda. Sempre più assillante e pervasiva. Oggi, l’allarmismo genera paure. Non sempre giustificate. Per lo meno, andrebbero ridimensionati gli allarmi su sbarchi e sicurezza. Lo dicono i dati ufficiali: meno arrivi di immigrati e meno omicidi. Ma la percezione è ben diversa. Sempre in crescita. Assieme alla confusione, che regna sovrana. Fino a sfiorare, in qualche caso, il ridicolo. Come ha raccontato, giorni fa,  Massimo Gramellini sul Corriere della sera.  Un “buontempone”, un certo Tarim Bu Aziz, ha chiesto di introdurre i numeri arabi nelle scuole italiane, per favorire l’integrazione. Apriti cielo! La rete s’è subito indignata e scatenata.  “In Italia usi i numeri nostri oppure te ne torni al tuo Paese”, gli hanno risposto in tanti.  Oltre a insultarlo. Ignari che, in Occidente, i numeri arabi li usiamo già da diversi secoli. Il sonno della ragione, purtroppo, genera mostri.

Antonio Sciortino già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente direttore di Vita Pastorale

 

 

 

 

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