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L’editoriale di don Sciortino: Gli inchini stile Concordia dei Dioscuri del populismo

Don Antonio Sciortino
Don Antonio Sciortino

EDITORIALE Quella immagine l’avevamo rimossa dalla memoria. La nave crociera naufragata all’isola del Giglio giaceva da tempo nell’oblio. Una spavalda leggerezza del comandante, quel famoso “inchino”, aveva condotto la Costa Concordia a infrangersi su uno scoglio. Trentadue i morti, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Un’immane tragedia del mare. Un brutto colpo per l’immagine del Paese nel mondo. E per gli italiani, popolo di navigatori per vocazione.

A farla riemergere è stato un noto economista dell’Università di Roma, Leonardo Becchetti. In coincidenza con la bocciatura, a Bruxelles, della finanziaria del Governo gialloverde. Quella “manovra del popolo”, che continua a sfidare l’Unione europea. E non accetta correttivi. Di nessun tipo e da nessuno. Nonostante siano in molti a evidenziarne i seri rischi per l’economia italiana. Ultimo, in ordine di tempo,  Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, ha invitato a non scherzare col fuoco: «Lo spread danneggia le banche e le famiglie». Non si cura il debito con ulteriore debito. Su ogni italiano gravano 37mila euro di passività. «Sembra una bella finanziaria, in realtà è molto pericolosa», ha detto il professor Becchetti. «Io la paragono alla manovra del comandante Schettino che, per fare bella figura con i passeggeri, vuole passare vicino alla costa, ma poi va a sbattere contro gli scogli».

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Luigi Di Maio (S), vice premier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, e Matteo Salvini, vice premier e ministro dell’Interno, al termine del vertice a Palazzo Chigi, Roma, 22 ottobre 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Un giudizio netto, quello dell’economista. Non viziato da pregiudizi o prevenzioni di sorta. Il suo nome era nel totoministri del Governo. Questa legge di bilancio è prossima alla crisi finanziaria. E a pagarne il prezzo più alto sarà il popolo, cui ci si appella di continuo. Un vero paradosso. Sebbene il premier Conte tenti di rassicurare: «La manovra è molto bella, è solida». Un mantra che va ripetendo a ogni consesso, in Italia e all’estero. Ma con scarso successo. Quasi bastassero due aggettivi a fugare dubbi e perplessità.

Così, inesorabilmente, l’Italia s’allontana dall’Europa. Con una credibilità in calo. Né basta, a invertire la rotta, qualche solenne dichiarazione: «Il posto dell’Italia è in Europa e nell’area euro». Tardiva professione di fede, a posteriori, dopo furibondi attacchi all’Unione. Lo stesso Di Maio, in un eventuale referendum, voterebbe per l’uscita dell’Italia dall’euro. Lo dichiarò pubblicamente in Tv, nel programma di Giovanni Floris. Per non dire, al momento della formazione del Governo, del “veto” di Mattarella alla nomina dell’euroscettico Paolo Savona a ministro dell’economia. Memoria corta o “coscienza sporca”.

Ammonivano gli antichi latini: Excusatio non petita, accusatio manifesta”. Troppi gli indizi contrari per credere a un’improvvisa buona fede europeista. I recenti pellegrinaggi di ministri e premier in Russia ne sono la conferma. Putin assieme a Trump sono i peggiori nemici dell’Unione. Vogliono scardinare l’Europa. E l’Italia è il loro cavallo di Troia. «A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca», diceva Giulio Andreotti. Così, quella bocciatura europea dei conti italiani, forse, è stata più voluta che temuta dal nostro Governo. Da trasformare in battaglia elettorale contro i burocrati dell’Unione. Un ottimo “capro espiatorio”, in vista delle prossime Europee.

Com’era prevedibile, le reazioni non si sono fatte attendere. A cominciare dai Dioscuri. Per lo più scomposte. E mai nel merito delle contestazioni. «Da Bruxelles possono mandare anche dodici letterine, ma la manovra non cambia. Non faccio marcia indietro nemmeno se me lo chiede Gesù Bambino», ha detto il vicepremier leghista, accusando l’Unione di attacco non al Governo ma al popolo italiano. Gli ha fatto eco l’altro vicepremier grillino: «Avevano detto che non andava bene prima ancora che il Governo la scrivesse». Paolo Savona, ministro per i rapporti con l’Europa, è stato categorico: «Non c’è dubbio che rimanderemo la manovra tale e quale». Savona è  lo stesso ministro che i propri risparmi non li investe in titoli di Stato, ma li custodisce in banche svizzere. Riportarli in Italia sarebbe un bel colpo di fiducia e credibilità per la manovra di Governo. In tanti gliel’hanno chiesto. Più cauta la posizione del “ministro fantasma”  dell’economia, Giovanni Tria: «È stata una manovra difficile, ma necessaria per recuperare i livelli di Pil pre crisi».

Il grottesco, però, s’è raggiunto con la buffonata dell’europarlamentare leghista Angelo Coccia. Un gesto di cui vergognarsi. Al termine della conferenza del commissario Pierre Moscovici, che ha bocciato  i conti italiani, gli ha tolto di mano i fogli e li ha strisciati con una scarpa. Come quando si calpesta una cacca per strada. «Ho fatto quello che il popolo italiano avrebbe voluto fare», ha detto soddisfatto, per un minuto di stupida notorietà. Gelida la risposta di Moscovici: «All’inizio si sorride e si banalizza perché è ridicolo, poi ci si abitua a una sorda violenza simbolica e un giorno ci si risveglia con il fascismo. La democrazia è un tesoro fragile».

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European Commissioner for Economic and Financial Affairs Pierre Moscovici talks to the media during a press conference in Rome, Italy, 19 October 2018. ANSA/ANGELO CARCONI

Ancora una volta, un richiamo al senso di responsabilità l’ha fatto il presidente Mattarella. «La logica dell’equilibrio di bilancio», ha ricordato, «non è quella di un astratto rigore. Ci deve sempre guidare uno sguardo più lungo sullo sviluppo, la sua equità e la sua sostenibilità. E, al contempo, occorre procedere garantendo sicurezza alla comunità, scongiurando che il disordine di enti pubblici, e della pubblica finanza, produca contraccolpi pesanti anzitutto per le fasce più deboli, per le famiglie che risparmiano pensando ai loro figli, per le imprese che lavorano».

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante l’incontro con la nazionale italiana femminile di pallavolo argento ai Mondiali disputati in Giappone, al Quirinale, Roma, 29 ottobre 2018. ANSA / Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Parole al vento, del tutto ignorate. Il “padre nobile” dei 5stelle, Beppe Grillo, l’ha attaccato al Circo Massimo, al raduno dei grillini. «Il capo dello Stato ha troppi poteri», ha detto, con tono sprezzante, il comico di professione. «Dobbiamo toglierli. Dobbiamo riformarlo. Un capo dello Stato che presiede il Csm, è capo delle Forze armate, nomina cinque senatori a vita… non è più in sintonia col nostro modo di pensare». Un brutto segnale. Inquietante. A smorzarne l’impatto una telefonata di scuse del premier Conte a Mattarella, e una flebile presa di distanza del Movimento 5stelle. Troppo poco. In ballo c’era il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica. A difesa della Costituzione, dello Stato di diritto e del popolo italiano.

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Beppe Grillo sul palco di Italia 5 Stelle al Circo Massimo, Roma, 21 ottobre 2018. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Ma ai populisti non piacciono i baluardi della democrazia. Come insegnano i regimi autoritari. Pericolo incombente sull’Italia, dove tira una brutta aria. E dove si diffondono veleni di intolleranza e xenofobia. Con sempre più frequenza e pretesti vari, nel rispetto formale della legge. Dalla segregazione a mensa dei bambini stranieri a Lodi, alla soppressione dei contributi alla stampa no profit o appartenente a cooperative. Un colpo mortale per il pluralismo delle voci radicate nel territorio.

Ogni giorno un nuovo attacco. Con foga sistematica. Di recente, alla ribalta c’è stata Vicofaro, in provincia di Pistoia. Un blitz assurdo. In cinquanta tra polizia, carabinieri, vigili urbani, guardia di finanza, Asl, ispettori del lavoro e vigili del fuoco si sono presentati nella chiesa di don Massimo Biancalani per controllare i locali dove sono accolti sessanta migranti. Quel sabato sera, in parrocchia, era in corso la “pizza del rifugiato”. Si condivideva un pasto. Non c’era un covo di spacciatori, mafiosi o ricercati dalla legge. «Non si organizza un blitz interforze di sabato sera, così all’improvviso.  Ci vogliono ordini precisi dall’alto. La questione è politica», ha detto don Biancalani. «Chi cerca di portare umanità viene randellato. Così è stato per le Ong umanitarie, Mimmo Lucano e la sua Riace, e noi. Un prete che apre le porte, accoglie a costo zero grazie alla solidarietà dei suoi parrocchiani, offre assistenza sanitaria, costruisce laboratori e un orto biologico… tutto questo dà fastidio». Di sicuro lo dà al ministro dell’Interno, da sempre in polemica con “il prete dei migranti”, come chiamano don Biancalani.

C’è, davvero, di che preoccuparsi. Sarà questa la ragione, nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziali, che ha spinto la senatrice a vita Liliana Segre a presentare una proposta di legge. Lei, ebrea sopravissuta ai lager nazisti, chiede una Commissione parlamentare sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo, e istigazione all’odio e alla violenza. «Io che sono stata vittima dell’odio dell’Italia fascista», ha detto, «sento che, dopo anni, sta ricrescendo una marea di razzismo e di intolleranza, che va fermata in ogni modo». E ha aggiunto: «Per prima la politica ha il dovere di insegnare alle persone come comportarsi e non fomentare l’odio».

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La senatrice a vita Liliana Segre con Emma Bonino (D) durante la presentazione al Senato della proposta di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, Roma, 24 ottobre 2018.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Preoccupazioni condivise da papa Francesco. Alla recente presentazione del libro La saggezza del tempo del gesuita Antonio Spadaro, ha avuto parole chiare sulle tensioni del nostro tempo: «I giovani sappiano come cominciano i populismi: seminando odio. Devono capire come cresce un populismo, ad esempio quello di Hitler nel 1922 e 1923… Oggi c’è la terza guerra mondiale a pezzetti, guardate alla mancanza di umanità, all’aggressione, all’odio, anche alla deformazione della religione. Seminare odio è un cammino di distruzione, di suicidio. Questo si può coprire con tanti motivi. Quel ragazzo del secolo scorso (Hitler) lo copriva con la purezza della razza… ora con i migranti. I migranti vanno accolti col cuore e la porta aperta. La chiusura è l’inizio del suicidio».

Anche Facebook rispolvera Adolf Hitler e una frase a lui attribuita. Per alcuni una “bufala”, per altri vera, comunque molto significativa: «Il modo migliore per prendere il controllo di un popolo e soggiogarlo è togliergli la libertà poco alla volta, sgretolare i loro diritti con migliaia di piccole e semi-impercettibili riduzioni. In questo modo la gente non si accorgerà che quei diritti e quelle libertà gli sono stati tolti, fino a dopo che questi cambiamenti siano diventati irreversibili». L’indulgenza verso quotidiani piccoli atti di odio stanno dissolvendo il Paese. Molti girano lo sguardo altrove. E tacciono per non compromettersi. Un giorno proveremo vergogna.

C’è, infine, un mito da sfatare. A chi nel nome del popolo giustifica ogni eccesso di potere, va ricordato che la “maggioranza di Governo” non è il “popolo”. Non è “tutto il popolo”. Anzi, quella maggioranza è minoranza nel Paese. Quasi due terzi degli aventi diritto al voto non l’hanno votata. Anche se restano silenti, come in letargo. In attesa di un sussulto di dignità e di reazione. Basta, quindi, con la retorica del popolo. D’altronde, in questo Governo c’è un serio problema con la matematica. Non più solo con la geografia. Ma i numeri non sono un’opinione. Così come la verità è ben diversa dalla propaganda. L’unica cosa, questa, in cui eccelle il Governo gialloverde. Nonostante Rocco Casalino. Anzi, lui permettendo.

Antonio Sciortino

già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente direttore di Vita Pastorale  

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