Agatha Christie e il finale tragico d’un capolavoro al teatro Sociale di Alba

Agatha Christie e il finale tragico d’un capolavoro al teatro Sociale di Alba
Il caste dello spettacolo Dieci piccoli indiani

TEATRO Sarà uno spettacolo tratto da uno dei romanzi più famosi di Agatha Christie a inaugurare la stagione di prosa del teatro Giorgio Busca di Alba. Dieci piccoli indiani… E non ne rimase nessuno è in programma per giovedì 22 novembre alle 21. Con la regia dello spagnolo Ricard Reguant, lo spettacolo è stato messo in scena a Madrid e a Barcellona. Per la versione in italiano, il regista ha scelto come protagonisti dieci attori di varie generazioni e con una formazione differente, per la prima volta insieme sul palco: da Giulia Morgani a Tommasi Minniti, da Caterina Misasi ad Alarico Salaroli, solo per citarne alcuni.
In due atti, viene portata in scena la vicenda ideata dalla giallista inglese nel 1936, per poi essere pubblicata per la prima volta nel 1939. Mente l’Europa è alle soglie della guerra, dieci sconosciuti vengono invitati per vari motivi su un’isola deserta. Una serie di morti misteriose semina il terrore tra gli ospiti, che iniziano ad accusarsi a vicenda: l’assassino si nasconde tra loro.

Reguant, che cosa caratterizza la sua trasposizione teatrale del capolavoro di Agatha Christie?

«Si tratta di un recupero dell’originale. Nella prima stesura del testo, Agatha Christie si immaginò un finale molto tragico, che alla fine decise di cambiare perché considerato troppo duro per quegli anni di guerra. Ideò dunque una versione più positiva, che è quella conosciuta da tutti. Autorizzati dal nipote della scrittrice inglese, abbiamo recuperato il primo finale, portato in scena per la prima volta, con un effetto a sorpresa per il pubblico».

A proposito dei numerosi personaggi, com’è riuscito a caratterizzarli in scena?

«Ho scelto come espediente una rapida presentazione di ognuno attraverso una gag comica, nella presentazione dello spettacolo. In questo modo il pubblico riesce a mettere in relazione ogni personaggio con la sua specifica personalità, seguendo in questo modo la sua evoluzione sulla scena».

Quali sensazioni suscita questo tipo di rappresentazione nello spettatore?

«Una tensione di fondo, una sensazione di suspense e di mistero, che obbliga lo spettatore a essere molto attento e a non perdersi neppure un passaggio. C’è un rispetto di fondo per l’opera di partenza, ma proponiamo una trasposizione innovativa dal punto di vista visivo. Per esempio, tutti i personaggi muoiono in scena, con la evidente difficoltà di rendere gli assassinii credibili di fronte agli spettatori. Non a caso molte persone, dopo aver visto lo spettacolo una prima volta, sono tornate proprio per verificare alcuni dettagli».

Francesca Pinaffo

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