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Una povera vedova è il modello per i discepoli

PENSIERO PER DOMENICA – XXXII TEMPO ORDINARIO – 11 NOVEMBRE

Guardare il mondo con l’occhio dei poveri e ascoltare il loro grido – la chiara indicazione di papa Francesco nell’Evangelii gaudium (n. 187-192) – è la chiave interpretativa delle letture di questa domenica, che hanno come protagoniste due vedove. Nell’antico Oriente, la situazione di queste donne era particolarmente drammatica: con la morte del marito perdevano anche la loro personalità giuridica e finivano in balìa della prepotenza altrui; non di rado si riducevano alla mendicità. Gesù fissa il suo sguardo proprio su una di queste donne e l’addita a modello per i suoi discepoli (Mc 12,38-44).

Dio ama chi dona. Gli esempi della vedova di Sarèpta (1Re 17,10-16) e di quella che nel Vangelo attira l’attenzione di Gesù sono una chiara indicazione delle attese di Dio. Dall’uomo creato «a sua immagine e somiglianza» attende uno stile di vita improntato alla carità, al dono gratuito. Spesso, nella storia, a realizzare questo disegno sono i poveri, gli esclusi, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, i quali tuttavia sono capaci di gesti di assoluta gratuità, di dare senza calcoli. Come rassicura il profeta Elia, il Signore non farà mancare la sua ricompensa a chi dona.

Una povera vedova è il modello per i discepoli
Gesù e la vedova, da miniatura tedesca del Codice aureo (XI sec.), Madrid, biblioteca San Lorenzo.

Gesù loda il dono fatto in silenzio. L’episodio evangelico è ambientato nel “cortile delle donne” del tempio di Gerusalemme, dove erano collocate tredici cassette con l’apertura a forma di tromba in cui dovevano essere depositate le offerte destinate al tempio. Di fronte ai ricchi che ostentavano la consistenza delle loro offerte per trarne prestigio sociale, Gesù nota e loda il gesto della vedova che, discretamente, depone due leptà, la più piccola moneta di rame in circolazione. Tra l’altro, per legge avrebbe potuto limitarsi a una sola, trattenendo l’altra per le proprie necessità. Gesù la vede e l’addita a esempio sia di generosità totale che di discrezione: ai discepoli e a noi.

Vivere la vita con spirito di ringraziamento è ciò che ci rende disponibili al dono. In questa domenica si celebra la 68° Giornata nazionale del ringraziamento per i frutti della terra. La germinazione di un seme, il fruttificare di un albero o anche solo lo sbocciare di un fiore sono “miracoli” che si rinnovano continuamente. Certo c’è il lavoro, faticoso, dell’uomo, ma l’energia vitale presente nella natura è qualcosa che sfugge alle nostre capacità: non dipende da noi; è una grazia, è un dono. Riflettere su queste cose è andare controcorrente in un contesto culturale e politico che, su scala mondiale, fa leva sugli istinti egoistici presenti in ogni uomo. La condivisione, lo stile del discepolo secondo Gesù, deve diventare il nostro stile di vita e principio di una “economia di comunione”.

Lidia e Battista Galvagno

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