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Beniamino, ricercatore al Max Planck institute for meteorology di Amburgo

L’INTERVISTA / 2 Beniamino Abis è nato a Moncalieri il 10 giugno del 1988, ma è cresciuto a Sommariva del Bosco. Figlio di Lucia, insegnante di scuola elementare, e Giuseppe, infermiere professionale, è il classico esempio di “cervello in fuga”. Come suo fratello, Federico, classe 1992, che vive a Sydney, anche lui, dopo aver studiato al liceo scientifico di Bra e alla facoltà di matematica dell’Università di Torino, ha trovato lavoro all’estero: ora è ricercatore al Max Planck institute for meteorology di Amburgo. Dalla laurea al termine del dottorato è sempre riuscito a ottenere il massimo dei voti comprese le lodi e le menzioni speciali. Per conoscere meglio questo giovane italiano – che parla cinque lingue – lo abbiamo cercato e intervistato.
Beniamino, ci parli della sua brillante carriera.

«Ho iniziato con una laurea in matematica e un Erasmus a Portsmouth, nel Regno Unito, tra il 2011 e il 2012. Poi, nel 2013, dopo la laurea magistrale, mi sono trasferito nei Paesi Bassi, dove ho lavorato come ricercatore all’Esa (Agenzia spaziale europea). La decisione di trasferirmi
in Germania, nel 2015, è maturata perché ho voluto proseguire ancora la mia formazione in un centro di ricerca all’avanguardia in campo climatico e poter poi continuare la mia carriera in ambito scientifico».

Cosa fa ad Amburgo?

«Studio le foreste e pure i cambiamenti climatici, applicando la matematica a problemi reali, con la speranza che i risultati ottenuti non siano fini a sé stessi ma indirizzati a qualcosa di più grande. Mi sono reso conto

Se anche il vecchio Piemonte torna ad avere i suoi migranti
Beniamino Abis

dell’esistente barriera tra scienza e società e per questo motivo pongo particolare attenzione alla creazione d’immagini e presentazioni utili ma anche accattivanti e facili da comprendere».

Che cosa l’ha spinta a lasciare l’Italia?

«Trasferirsi all’estero non è stata una scelta facile e spero sempre di poter tornare. Ma non so quando ci riuscirò. Al termine degli studi universitari
la situazione lavorativa in Italia era terribile. Ho allora cercato lavoro per quasi un anno, ma si trovavano solo stage in banca, qualcosa per cui non trovavo il benché minimo interesse, oppure posizioni come consulente, che non avevano nulla a che fare con gli studi che avevo intrapreso o con le mie passioni. Per questo ho cominciato a espandere i miei orizzonti, sempre cercando di coniugare matematica e problemi reali. Mi sono sempre interessato allo spazio, alla sua esplorazione e al suo studio, sognando a tratti di diventare un astronauta. Così, un giorno, ho fatto domanda di lavoro all’Esa. Quando mi è stata offerta la posizione non mi sembrava vero. Ho preparato una valigia enorme e sono partito. Con il senno di poi, non so se sarei riuscito ad andarmene per un’occupazione diversa».

Torna spesso a casa?

«Ogni due o tre mesi, a seconda degli impegni lavorativi. Vengo a fare il pieno di bellezza, famiglia, e amici. E ogni volta mi porto un pezzo dietro, tipicamente mangereccio. Mi diletto in cucina e non mi faccio mai mancare vini e ingredienti tipici. Soprattutto per quando la nostalgia si fa sentire, ma anche per far provare alla mia ragazza e agli amici che cosa sia la nostra cucina tradizionale. È questo lo spirito che il Roero mi infonde sempre: tentare di adattare gli ingredienti e i materiali più disparati a qualsiasi situazione o sfida mi venga posta, facendo attenzione sia ai dettagli che all’armonia d’insieme».

Andrea Audisio

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