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Gianmaria Testa, 11 tracce preziose nel disco inedito

Il cratere, l’anteprima è albese in onore di Gianmaria Testa

IN USCITA Prezioso, s’intitola il disco su etichetta Incipit che presenta – in uscita il 18 gennaio – 11 nuove canzoni di Gianmaria Testa, a due anni dalla morte: e ne avrebbe da poco compiuti 60. Basterebbe il titolo, per rappresentarlo e dirne il valore, che non riguarda solo la sua dimensione purtroppo postuma, ma la sua consistenza artistica. E prezioso vale anche per il sensibile scandaglio di Paola Farinetti – moglie e produttrice, ma soprattutto primo interlocutore di Testa nel farsi del suo lavoro – e di Roberto Barillari, ingegnere del suono, che sono andati a ritrovare con sapienza e responsabilità, all’interno di alcune «registrazioni casalinghe», il nocciolo della voce e della chitarra, forma primaria della stesura delle sue canzoni.
Il risultato è una sorpresa di equilibrio e di sostanza, che si apre con Povero tempo nostro, titolo apparentemente di lamentazione che nasconde una dura invettiva: per quanto mossa adagio, meditata e dolente (fa pensare a un distillato di Nebraska di Springsteen), è una orgogliosa, umana denuncia, di matrice biblica e contadina. In rete è il video girato da Silvia Luzi e Luca Bellino: una interpretazione di grande consonanza, chiusa dal primo piano, silenzioso e ammonitore, di una bambina che si volta a guardare in macchina (il gesto ricorda quello che Valerio Berruti, su una bella carta resa nuvolosa, ha disegnato per la copertina del disco).

Appunti sonori

A fianco degli «appunti sonori per voce e chitarra» (ma sono canzoni assolutamente compiute) lasciati puri, senza ritocchi a posteriori, sono state recuperate due registrazioni rare o misconosciute. Questa pianura, suonata nel 2008 con Piero Ponzo e Nicola Negrini, è una bella resa italiana di Sergio Bardotti da Jacques Brel (Le plat pays), ma sembra una cosa di Gianmaria Testa, che l’ha fatta intensamente sua – evidentemente sentendola risuonare da qualche parte nella sua esistenza; e anche questa è una cifra del riconoscimento di un autore.
La tua voce è invece una canzone di Lampo, qui in uno splendido duetto con la cantante e autrice brasiliana Bia Krieger, anch’essa per destino sbocciata in Francia negli stessi anni di Testa (i secondi Novanta) e subito colpita dalla sua scrittura. Non inedita in assoluto (ma lo è qui, nella versione di Testa) è Anche senza parlare, scritta per Mauro Ermanno Giovanardi. Le altre tracce in scaletta sono canzoni pensate per spettacoli teatrali, come Italy, in cui il tema delle migrazioni era svolto, insieme a Giuseppe Battiston, a partire dalla storia italiana e da Giovanni Pascoli (il disco si chiude con la messa in musica di X agosto: ed ecco a terra le due strazianti bambole portate in dono, come in Una questione privata dei Taviani). Canzoni prestate ad amici come Paolo Rossi: ascoltate dalla voce di Testa, sono totalmente nuove, e mostrano una ricca gamma di registri e di affinità, una sana cattiveria decisamente nera (in una, adatta a Capossela, parla il diavolo dantesco Alichino delle Malebranche), una ironia comica (Sotto le stelle il mare) e sottilmente tragica (Dentro la maschera di Arlecchino). E se Una carezza d’amor sembra una strizzata d’occhio a Paolo Conte, Postmoderno rock è un divertimento che richiama Sanguineti e Arbasino.

Poeta-artigiano

In tutte si ritrova la scrittura pulita e calibrata di Testa, coltivata con dedizione, secondo un ideale di nitida essenzialità. Un metodo necessario, che aveva del resto esplicitato in una poesia in cui si rifletteva l’immagine di un poeta-artigiano che rende conto prima che agli altri a se stesso, o una specie di Robinson (nel suo caso, certo non colonialista) che resiste alla prova: «Levigare le parole / fino alla trasparenza / fino al limite sottile / di fragilità e di rischio / per sentirle finalmente suonare / al tocco delle dita / o tagliarvisi le labbra / o raccoglierne i cocci muti / e riprovare» (nel libro Da questa parte del mare, Einaudi). Anche scrivere canzoni è una pratica e una fatica, un lavoro di messa a punto serio e onesto: un impegno per sé e per gli altri, e certamente contro i “bestemmiatori di parole” del «povero tempo nostro» in cui Gianmaria Testa si è trovato a cantare.

Edoardo Borra

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